La nuova identità delle città post-pandemia

Niccolò Casiddu

Agli albori della prima rivoluzione industriale la popolazione mondiale ammontava a circa un miliardo di persone, diventati due nella prima metà del Novecento. Da quel momento, grazie al miglioramento delle condizioni di vita nelle regioni meno sviluppate, abbiamo assistito a un forte boom demografico, in cui gli abitanti del pianeta sono aumentati esponenzialmente, sino ad arrivare agli attuali sette miliardi. L’ONU stima che con questi indici di crescita la popolazione arriverà a quota nove miliardi entro il 2050; si pensa che il 70% di queste persone – rispetto all’attuale 55% – si concentrerà nelle aree urbane e periurbane.

Come fare quindi ad affrontare questo cambiamento così rapido e vorticoso? L’ultimo anno, purtroppo caratterizzato dalla pandemia, ci ha fornito il prezioso insegnamento che non bisogna subire fenomeni di questa entità, ma mettersi nella condizione di guidarli, utilizzando i punti di riferimento che abbiamo a disposizione: l’Agenda 2030, gli obiettivi di Horizon Europe e il Programma di Ricerca per l’Italia 2021-2027.

I programmi sono sviluppati per obiettivi e pensati per uno sviluppo sostenibile, attraverso un’urbanizzazione non discriminante, pensata con l’obiettivo di creare nuovi insediamenti, nel rispetto del contesto territoriale, geologico e umano, ad esempio dando il giusto peso ai quartieri periferici. Non esiste infatti rigenerazione materica senza rigenerazione sociale.

Un interessante esempio è rappresentato dalla “Città dei 15 minuti”, teorizzata dal sindaco di Parigi Anne Hidalgo; il modello prevede che ogni cittadino possa raggiungere in un quarto d’ora, a piedi o in bicicletta, i servizi necessari per mangiare, divertirsi e lavorare, in qualsiasi zona della città abiti.

In questo tentativo di sviluppo di un modello di “Società 5.0”, l’individuo è il fulcro del processo e viene affiancato dai nuovi strumenti digitali. L’anno trascorso ha dimostrato come le tecnologie di comunicazione permettano di superare molte difficoltà e ha fatto cadere quel velo di pregiudizio presente in una grossa fetta di popolazione, soprattutto coloro non avvezzi alle nuove tecnologie.
Nel prossimo futuro si andrà sempre più verso un rapporto “visceralmente collaborativo” tra l’uomo e la macchina, attraverso le potenzialità di strumenti data driven come l’intelligenza artificiale o i processi di machine learning.

Il cambiamento di paradigma in atto, che sta portando a dare maggiore importanza a principi di prossimità, vicinato e inter-generazionalità, riguarderà da vicino il settore lavorativo.
Sarà interessante prevedere gli sviluppi dello smartworking nel contesto di queste tematiche quando giungeremo alla “nuova normalità”. Le città avranno bisogno, in misura sempre maggiore, di spazi condivisi e condivisibili, per poter lavorare o studiare insieme; si entrerà in una fase di “nomadismo urbano 2.0”, nel quale l’interconnessione sarà utile quanto, o talvolta più, della presenza, un mondo nel quale ci si sposterà avendo sempre a disposizione gli strumenti per lavorare o studiare.

Questi processi saranno inarrestabili. Affinché tutto questo avvenga in maniera “naturale” è importante però che chi comunica questo cambiamento sia attento a raccogliere, interpretare e trasmettere nella maniera corretta queste nuove istanze. Le grandi infrastrutture e l’ottimizzazione delle reti possono e devono dare benefici ai cittadini, ma la mancanza di conoscenza e comunicazione crea separazione e taglia fuori chi non è pronto a recepire gli stimoli dall’esterno. È importante che su questi temi, che possono apparire astratti, ci sia piena volontà attuativa da parte delle nuove generazioni.

Sono i giovani di oggi, che si affacciano sul mondo in questo periodo, che dovranno vivere e gestire le situazioni che si stanno modificando. Lo potranno fare solo se riceveranno un’adeguata formazione e avranno la voglia e la passione di approfondire, perché i momenti di grande cambiamento sono quelli di enormi opportunità.

Sono queste le occasioni in cui bisogna essere pronti ed attrezzati.

Total
0
Shares
Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Prev
Il Cretto di Gibellina
Il Cretto di Gibellina

Il Cretto di Gibellina

“Andammo a Gibellina con l’architetto Zanmatti, il quale era stato

Next
Destination Management: riaccendere il motore del turismo
destination marketing

Destination Management: riaccendere il motore del turismo

Il turismo è uno dei settori su cui la pandemia globale ha impattato di più, tra

You May Also Like