Londra non è più la stessa senza Elisabetta. Tempi che cambiano o errore di marketing?

Londra

Come ogni anno da prima del Covid, da adepta-suddita di sua Maestà Elisabetta II, a inizio agosto parto in pellegrinaggio per Londra e dintorni.
Ma London Bridge is down: Elisabetta non c’è più, ci ha lasciati l’8 settembre 2022, uscendo di scena per sempre con un funerale degno di un dramma di Shakespeare.

Apparentemente non è cambiato nulla, la swinging London è sempre lì, con il suo fermento culturale di idee, eventi e occasioni e la sua monumentale capacità nel trasformare ogni cosa in storie da raccontare. Ed è così che nella cattedrale di Westmister vivi il connubio fra sacro e profano camminando sulle tombe di protagonisti della storia della Scienza come Newton, Hawking, Darwin, dei poeti più famosi e persino di corsari come Francis Drake; allo stesso tempo nella Lady Chapel rivivi la rivalità in terra delle cugine Elisabetta I e Maria Stuarda, la seconda fatta decapitare dalla prima, ed ora nella morte unite, come recita un’ironica lapide fra le loro due tombe vicine:  ciò che è stato diviso in terra, sia unito nella morte.
La Torre di Londra, roccaforte della dinastia Tudor, oggi è un santuario di storie che ti portano in viaggio nel tempo, nella Bloody Tower puoi vedere le iscrizioni dei condannati sui muri e vivere con gli occhi di Anna Bolena la sua prigionia e dalla finestra il punto esatto del patibolo.

La magia di questa città infinita non finisce mai di stupire, ma chi la ama e l’ha visitata tante volte negli anni non può non accorgersi di una stonatura, persino a Windsor, il cui castello ospita la tomba di Elisabetta II. Il clima che abbiamo vissuto durante il suo funerale, generato da una perfetta macchina di comunicazione i cui ingranaggi hanno funzionato per 70 anni, sembra non esistere più.
L’assenza fisica di una figura così amata e rispettata lascia un vuoto che si estende ben oltre i confini della regalità. È come se una parte dell’anima di Londra si sia ritirata, portando con sé una connessione speciale che solo una figura così iconica poteva garantire. Le strade possono sembrare più tranquille, i palazzi reali possono sembrare più solitari e gli eventi possono perdere parte del loro splendore. Il suo impegno, la sua dedizione al popolo britannico e il suo stile regale impeccabile hanno ispirato generazioni. La sua capacità di adattarsi ai cambiamenti culturali e sociali nel corso degli anni ha dimostrato la sua straordinaria capacità di leadership.
È come se alla morte di Elisabetta II il vincente prodotto della monarchia inglese e della destinazione Londra si sia sbiadito. Una destinazione che ha posto da sempre il mito, la leggenda e il folclore della monarchia come pilastri del suo storytelling, ora non sembra cogliere l’opportunità di far rivivere in eterno il mito della Regina scomparsa e di tutto ciò che ha rappresentato. È come se alla scomparsa dei Beatles, nessuno li ascoltasse più.
Elisabetta II non era solo un personaggio simpatico e fuori dal tempo con i vestiti colorati, ma una vera e propria icona pop capace di unire tutti, monarchici e non, in nome del rispetto per il prossimo, il rigore morale, l’esaltazione dei migliori e soprattutto l’innata ironia. Never explain, never complain. Sta tutta qui l’essenza di una regina che ignorava la mediocrità.

Londra ora si trova di fronte alla sfida di mantenere vivo il suo spirito e la sua eredità, portando avanti i valori e le tradizioni che sono stati il cuore della sua figura regale. Forse è solo questione di tempo, ma la mia sensazione è uno stallo nella strategia di marketing della famiglia reale e i primi segnali che ho percepito sono negativi.
Dopo un funerale show che ha impressionato per regia e svolgimento, mi aspettavo una celebrazione degna di Augusto in ogni angolo della città, ma non è pervenuta nessuna iniziativa, mostra o monumenti post mortem.

Sono scomparsi i souvenirs di Elisabetta e persino i Corgi dallo Shop ufficiale di Buckingham Palace, per essere sostituiti dall’Incoronazione di Carlo III e Camilla, con gadget di ogni genere.
Temo che sia un errore strategico quello di veicolare una continuità della famiglia reale, comunicando Carlo con le stesse modalità della madre, due attori completamente diversi, che hanno bisogno di comunicare con un’immagine distintiva, capace di trasmettere il nuovo corso con intelligenza. Altrimenti il futuro della Monarchia inglese, finora pilastro della comunicazione di destinazione, sarà veramente molto fragile.

Carlo, un imbarazzato e goffo anziano all’incoronazione, potrebbe essere l’ambasciatore della salvaguardia dell’Ambiente e della Cultura, temi sensibili e contemporanei che ha coltivato durante tutta la sua vita come passioni, ma di certo non può essere un sovrano tradizionale.

Caro Carlo, il mio consiglio? Tira fuori i memorabilia della mamma, perché sfido chiunque a comprare la shopper con le foto di Carlo e Camilla!

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