Turismo e smartworking…

turismo smartworking

Le nuove modalità di lavoro a distanza che si stanno diffondendo nell’era della pandemia ridisegnano i rapporti tra le grandi città e i centri di piccola o media grandezza. La tendenza per ora è solo accennata, ma in molti scommettono che il diffondersi dello Smart working segnerà un’inversione di marcia nel flusso che fino ad ora ha alimentato gli spostamenti di persone dai piccoli centri alle grandi metropoli.

La pandemia ha spostato le priorità, mettendo il benessere e la qualità del quotidiano al centro di nuovi ragionamenti. E il ricorso allo Smart working ha spinto molte persone a lasciare le grandi città per stabilirsi altrove. Le metropoli si contraggono, Milano, ad esempio, ha registrato un calo di 13 mila abitanti nell’ultimo anno. E il lavoro a distanza – che resterà una parte integrante del processo lavorativo anche a emergenza sanitaria conclusa – dà una libertà d’azione mai vista a chi vuole cambiare vita. 

Alcune città hanno iniziato a muoversi interpretando questi nuovi bisogni come occasioni di un possibile sviluppo. Rimini si è candidata a ospitare nei suoi hotel chi vuole lavorare in riva al mare.

A Palermo c’è ‘South Working’, associazione nata per attrarre i lavoratori agili al sud, sviluppando le condizioni necessarie per lavorare al meglio, come se si fosse in ufficio.

Anche Airbnb si è interessata al fenomeno che sintetizza così: “Dalla gita fuori porta alla vita fuori porta, mischiando vacanze e lavoro da remoto”. Nel mese di settembre 2020 ha commissionato un sondaggio su un campione di duemila dipendenti d’azienda basato anche sulle ricerche di prenotazione sul suo portale. Il risultato è che il 66% degli intervistati ha scelto lo Smart working lontano dalla propria residenza. Il 39% ha indicato la casa vista mare come destinazione ideale. 

Le città di mare o di montagna potrebbero giocare un ruolo interessante in questo nuovo trend di emigranti digitali. E diventare hub per i lavoratori agili, cogliendo la tendenza come occasione per rivitalizzare il territorio, far da stimolo al mercato immobiliare e attirare nuovi abitanti, nuove energie.

A Genova, ad esempio, c’è già un certo incremento di compravendite o affitti delle seconde case: piemontesi e lombardi stanno alimentando il mercato andando alla ricerca di immobili da sfruttare non più soltanto per le vacanze, ma anche per trovare una base non troppo distante dalle metropoli in cui lavorare stabilmente o per alcuni periodi.

Le città che vogliono intercettare questo cambiamento devono imparare a identificare le necessità e dotarsi di tutti gli strumenti necessari per agevolare il lavoro da casa: scrivanie in uffici condivisi come i coworking e un servizio wi-fi super affidabile (ci sono città in Europa che offrono una banda larga illimitata e veloce a 15 euro al mese) sono i primi, irrinunciabili, requisiti. Insieme con una buona e ricca offerta scolastica per bambini e adolescenti.

Altrettanto importante sarà la capacità di imparare a raccontarsi come città del buon vivere, a partire dalle bellezze naturali del proprio territorio, dalle possibilità di vita all’aria aperta e dall’offerta culturale. 

Comunicazione. Anche in questo caso.

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