Giornata Mondiale della Telecomunicazione e della Società dell’informazione

Telecomunicazioni. Ehm…Il non essere iscritti al ROC ci esime, forse, dal commentare. Non ci preoccupiamo, almeno oggi, di canale, messaggio, codice, contesto: come direbbe un ligio studente di Jakobson.

Battute a parte…Guardiamo invece all’emittente e al destinatario nel loro continuo scambiarsi di posizione. La società dell’informazione festeggiata oggi dall’ONU, ci impegna all’interpretazione, o almeno a un suo parziale tentativo proprio in forza o in virtù del fatto che noialtri di Studiowiki, in questa società, siamo quelli che per professione sono chiamati a produrre messaggi, ovvero significato e senso. Insomma, amiamo quello che facciamo e le parole che seguiranno, oltre a tutto il resto, sono un manifesto d’amore per questo nostro mestiere che sa essere tanto concreto, tecnico e artigiano proprio quando raggiunge le teorizzazioni più ambiziose.

La prima cosa che ci sentiamo di chiederci e chiedere, forse provocatoriamente, forse no, è se sia meglio “l’oggi” o “lo ieri”; intendendo con “oggi” la rivoluzione digitale che stiamo vivendo. Forse non c’è risposta, o forse qualunque risposta sarebbe banale, superflua, almeno parziale. Ma un’opinione bisognerà pure averla, chiedendo però a tutti di smentirla.

Bene, per noi “oggi” è decisamente meglio di “ieri”. Senza voler predicare le “magnifiche sorti e progressive”, la possibilità di accesso alle informazioni che questo tempo ci regala la possiamo definire con un aggettivo: entusiasmante. Abbiamo perso qualcosa? Certo! Se qualcosa si vuole avere, qualcosa bisogna lasciare. Quello che abbiamo perso non sono, con buona pace di Olmi, i prati. Ma lo spirito critico. La sfida di questa società resta la stessa di quelle passate. L’essenziale non sarà visibile agli occhi, ma certamente torna sempre uguale a se stesso. E l’essenziale ci sembra rimasto la necessità di ridurre le diseguaglianze. Che non sono solo più di natura economica, ma sono di accesso a questa società dell’informazione. Il chi sta dentro e il chi sta fuori è certo un fatto di hardware, software e connessione e della loro capacità di utilizzo ma è, crediamo, soprattutto, un fatto di capacità di interpretazione.

Ecco perché ci fanno così paura le fake news, perché, nella loro banalità, sono lo spettro che ci ricorda che quello che è stato può tornare ancora, oggi più di ieri. Quello che questa società entusiasmante e stupita di se stessa e delle sue infinite possibilità sembra chiedere con più forza è la capacità di separare quello che è giusto da quello che è sbagliato. Il vero dal falso. La buona comunicazione, la comunicazione di valore, oggi, crediamo che sia solo una: quella capace di fare spazio. Vuol dire rendere possibili nuove aperture di senso.

La buona comunicazione modifica, forza, porta avanti la significazione. Guadagna futuro. Governa il cambiamento. La comunicazione non riempie: toglie. Fa spazio, appunto. Nell’infinito intrattenimento della semiosfera, il rumore di fondo è così forte che ci ha privato della capacità di ascoltare il silenzio: in silenzio.

 

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