Purché se ne parli? Il potere delle PR nelle campagne di comunicazione

purché se ne parli comunicazione

Nell’era digitale, le campagne pubblicitarie hanno acquisito una nuova dimensione, diventando spesso vere e proprie notizie. È soprattutto grazie al web e ai social media che il confine tra la pubblicità tradizionale e le attività di relazioni pubbliche si sta sempre più assottigliando.

Per questo la direzione creativa – in azienda o in agenzia – non può più essere un reparto isolato, ma deve interagire fin dalle prime fasi di ideazione e progettazione con ufficio stampa, PR e social media team.

Le relazioni pubbliche, sui media tradizionali e sulle piattaforme social, hanno il potere di innescare conversazioni significative con un pubblico sempre più ampio. Ma è proprio vero che il successo di una campagna di comunicazione si può ancora misurare con il metro del “purché se ne parli”?

Indice dei contenuti:

Quando una campagna di comunicazione fa notizia

Esempi di campagne pubblicitarie dirompenti, che hanno fatto notizia e hanno fatto discutere, si trovano anche in un passato non troppo recente. Basti pensare alle provocatorie campagne di Olivero Toscani per Benetton, che negli anni ’80 – ’90 si sono distinte per l’uso audace e controverso delle immagini.  

Oggi le campagne pubblicitarie mettono sempre più la notiziabilità e la viralità tra i propri obiettivi, sfruttando la capacità dei media online di raggiungere un pubblico molto più ampio rispetto a quello dei media tradizionali. La condivisione e le reazioni sui social amplificano esponenzialmente la visibilità e generano una quantità significativa di attenzione e coinvolgimento da parte del pubblico. La campagna diventa così un oggetto di conversazione, interpretato e “manipolato” dal pubblico secondo sensibilità e con risultati spesso anche molto diversi da quelli che la direzione creativa e l’azienda intendevano raggiungere.

Un’arma a doppio taglio, però. Da visibilità globale a shitstorm il passo può essere molto breve. Ed è soprattutto qui che entrano in gioco i tecnici delle PR.

Il ruolo delle Relazioni Pubbliche

Le relazioni pubbliche giocano un ruolo fondamentale nel plasmare la percezione di un’azienda, di un brand, di un personaggio, di una destinazione. Per questo il loro ruolo è cruciale e si intreccia con le più o meno classiche campagne pubblicitarie, fin dalla fase di progettazione creativa. Le PR possono infatti contribuire all’identificazione dei messaggi chiave e del tono di voce, valutando clima e trend del momento e facendosi garanti della reputazione e della coerenza del brand con i propri valori e con i valori del pubblico di riferimento.

Sta poi all’ufficio stampa presentare la campagna di comunicazione ai media in modo da attirare l’attenzione e generare visibilità positiva, trovando i newsangles più interessanti.

A questo punto, diventa essenziale gestire la narrazione intorno al brand ed essere pronti a rispondere prontamente alle reazioni del pubblico. Le aziende devono essere preparate a cogliere le opportunità, capitalizzando l’interesse generato, ma anche ad affrontare eventuali criticità e a reagire prontamente a crisi reputazionali che potrebbero derivare da una campagna di comunicazione “sbagliata” o fraintesa. Nell’era della disintermediazione e dei social network, infatti, le cosiddette “crisi di comunicazione” sono entrate prepotentemente nei più frequenti scenari del crisis management.

Generare e gestire relazioni e conversazioni

Ci sono campagne appositamente studiate in ottica di PR, con l’obiettivo di far parlare di sé ben al di fuori degli spazi pubblicitari. Sono tipicamente quelle del “brand activisim” che prendono una posizione su temi forti e sentiti di responsabilità sociale (esemplare in questo senso la campagna Nike “For once, Don’t Do It”, legata al movimento Black Lives Matter) o quelle che invece toccano più da vicino i valori e la sensibilità del pubblico, come la recente campagna di Esselunga, che per giorni ha dominato i media e i social, con notizie, dibattiti e perfino meme sul tema della famiglia tradizionale.

Altre ancora, grazie a operazioni di PR e ufficio stampa, diventano veri e propri “casi”, costruiti ad hoc per alimentare un dibattito intorno al brand (viene in mente il caso della campagna Control per la Festa della Mamma, balzata agli onori della cronaca perché, secondo il brand, sarebbe stata censurata).

Altre, infine, diventano involontariamente oggetto di conversazioni non sempre positive, come la ministeriale Open to Meraviglia, che la scorsa primavera tante polemiche ha generato tra addetti ai lavori e opinione pubblica. Certamente la visibilità della campagna nella sua fase di lancio è stata molto elevata, come hanno evidenziato con soddisfazione i promotori, ma il sentiment era nettamente negativo.

“Purché se ne parli”… funziona?

Ma è ancora vero che l’efficacia di una campagna pubblicitaria può essere misurata anche in base al principio del “purché se ne parli”? La generazione di notizie e conversazioni può indubbiamente contribuire a mantenere l’attenzione del pubblico su un’azienda, su un prodotto, su un personaggio, e perché no, su una destinazione turistica. Tuttavia, è la reputazione il capitale più prezioso. Qui la qualità è molto più importante della quantità. Bilanciare l’attenzione mediatica con una gestione più che accurata delle reazioni è allora fondamentale per preservare la reputazione ed evitare danni che potrebbero avere un impatto molto più che virtuale e certamente più a lungo termine del breve spazio di una shitstorm.

In un mondo sempre più connesso e disintermediato, le campagne pubblicitarie che fanno notizia costituiscono un mezzo potentissimo per raggiungere il pubblico, da maneggiare con cura, in un’ottica che è tipicamente quella delle pubbliche relazioni. Gestire attentamente le media relation e le conversazioni sui social media diventa l’unico modo per massimizzare i benefici e mitigare i rischi.

L’efficacia del “purché se ne parli” dipende allora dalla capacità dell’azienda di capitalizzare l’attenzione generata e di gestire prontamente le reazioni del pubblico per mantenere un impatto positivo nel lungo periodo.

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