Guardare all’evoluzione dei mezzi di comunicazione e tracciarne le prospettive future è l’obiettivo del ciclo di incontri recentemente avviato da UNA, Aziende della Comunicazione Unite, insieme al Media Hub.
Una prima serie di pillole formative, a cui ne seguono altre due dedicate all’audio e all’out-of-home, ha aperto una riflessione sul video, delineando le tappe di un percorso che arriva oggi a coinvolgere e condizionare ogni contesto. Se si guarda alla panoramica generale si può vedere come un mezzo accolto con non poche riserve, la televisione, abbia dato avvio a una diffusione del video tale che costringe oggi a parlare di ubiquità. Nel mezzo una serie di piccole o grandi tappe che ne hanno modificato via via non solo le specifiche, ma anche le funzioni.
Elisabetta Clementi, IPG Mediabrands, ripercorrendo i punti chiave di questo percorso di evoluzione ha posto l’attenzione su tre direttrici di sviluppo:
- frammentazione delle audience, incentivata dallo switch-off del digitale terreste e poi amplificata esponenzialmente con l’avvento del digitale;
- sviluppo dell’on demand, prima in alternativa al palinsesto lineare e oggi sempre più in un’ottica di co-esistenza e contaminazione;
- video stream e proliferazione degli schermi.
In particolare, ricorda Pietro Agosti di Havas Media, è la fascia più giovane della popolazione a dare il metro di misura dell’espansione futura di questo andamento e in questo senso i dati sono particolarmente chiari: il consumo di dati continua ad aumentare nell’ordine del 52% anno su anno e le piattaforme (totalmente) video più utilizzate tra i giovanissimi, TikTok e Twitch, mostrano una crescita rapidissima di trimestre in trimestre proprio tra queste fasce di popolazione. Su queste piattaforme abitano i consumatori di domani, che spesso sono già forti influenzatori – in famiglia – dei consumi di oggi: la marca dovrà iniziare a presidiare questi territori.
Anche la pubblicità è stata necessariamente coinvolta da queste tendenze e anche qui il video ha assunto diverse forme: dal semplice spot, a cui ormai da tempo si era affiancato in tutti i suoi formati il branded entertainment, ci si muove sempre di più in un’ottica di brand integration. Questo strumento, ancora in cerca di una sua piena definizione, ha già mostrato la sua grande efficacia attraverso una serie di sperimentazioni altamente studiate. Antonella Di Lazzaro di Rai Pubblicità ha raccontato come la sua efficacia risieda proprio nella capacità di creare un engagement diffuso e nell’intercettazione di audiences estese, in un’ottica di coerenza e sinergia tra offline, online e onfield. In altre parole, nella moltiplicazione dell’incontro tra contenuti, brand e il pubblico del territorio.
Queste stesse linee di sviluppo, e in particolare la moltiplicazione degli schermi, portano con sé un’inevitabile e ormai assodata presenza e proliferazione di dati. Seppur difficile da credere in relazione alla loro stessa essenza, Germano Calvi di Publicis Media ha dimostrato come i dati siano in grado di sostenere, divenire e generare creatività. Gli algoritmi e una buona capacità di interpretazione offrono oggi delle prospettive inedite, che vanno dalla possibilità di analisi delle conversazioni online, alla rilevazione del sentiment e del portato emozionale delle foto pubblicate fino alle prime sperimentazioni nella produzione automatica di veri e propri testi o basi musicali.
I dati, e la capacità di utilizzarli per rivolgersi al meglio al proprio pubblico, sono centrali anche nell’intervento di Matteo Cardani di Publitalia, che ha avuto l’obiettivo di delineare il passaggio dalla comunicazione di massa a quella che oggi viene definita Adressable ADV. Ammettendo come siano ormai lontani “i gloriosi giorni in cui la tv era il mezzo unico”, ha ricordato però come la linearità del medium con la sua capacità di copertura continua rimanga oggi la carta vincente che rende la tv tradizionale un mezzo senza pari.
Una parte della pillola formativa è stata dedicata a sfatare una serie di credenze errate che portano a considerare la televisione come un mezzo ormai in fase di declino e a dimostrare come grandi broadcaster e nuovi player provenienti dal mondo di internet possano convivere in una logica di amplificazione dell’offerta, invece che di sostituzione. Sulla base di queste evidenze il futuro sembra sempre più muoversi verso quella che viene definita “Advanced TV”, ovvero una tv che gioca con il digital, espandendosi ed estendendosi verso contenuti editoriali e pubblicitari altamente personalizzabili sulla base del profilo dell’utente e sul suo comportamento di visione. Viene a prospettarsi così un nuovo modo di essere televisione che cerca di superare lo svantaggio per l’evidente difficoltà di profilazione dei contenuti andando a selezionare pubblici sempre più specifici.
In quest’ottica anche il soggetto, che da sempre si è occupato di tutto ciò che riguarda la misurazione di dati riguardanti il mondo televisivo, Auditel, ha dovuto e dovrà ancora compiere grandi passi avanti. Marco Rubiati di Omnicom Mediagroup ha raccontato come le sfide che Auditel ha dovuto affrontare siano state molteplici, prima fra tutte il primo switch-off al digitale terreste che ha comportato la ricalibratura del sistema di rilevazione al fine di essere efficace e rappresentativo anche di fronte ad audience molto frammentate. Proprio la presenza di televisione diffusa richiede ad Auditel di implementare un sistema in grado di valutare la percezione totale di ascolto di un dato programma, che unisca ascolti sul lineare e sui device digitali.