Yoursight2021: scenari evolutivi per la comunicazione digitale del nuovo anno

Come è andata nel 2021, e come va oggi? Ma, soprattutto, come andrà nei prossimi mesi? Quali sono i temi caldi del momento e quali gli inibitori allo sviluppo del marketing e della comunicazione digitale in Italia?

Questi gli interrogativi a cui la ricerca Yoursight, giunta alla diciassettesima edizione e condotta da Human Highway (www.humanhighway.it) in collaborazione con Engage (www.engage.it), cerca di dare risposta. A rendere veramente interessante il lavoro portato avanti da questa ricerca è il suo approccio segnatamente qualitativo, semantico, che si concentra non tanto e solo sul dato numerico estrapolabile dalle interviste nella loro globalità, bensì sulle parole, sugli aggettivi usati – che denunciano di più e meglio lo stato mentale e lo spirito profondo – dagli intervistati stessi.

1.180 interviste, portate avanti negli ultimi quattro anni e mezzo tra i lettori di Engage.it e Programmatic Italia, che hanno coinvolto tra gli altri gli associati di IAB, UNA e UPA. Un campione significativo, dunque, con molti addetti ai lavori tra i partecipanti, dove il percepito, il sentiment, gioca un ruolo fondamentale. Anche se ci troviamo ancora dentro all’emergenza Covid 19, viviamo comunque un periodo di ripresa, di nuove sensazioni positive, segno – forse – che le narrazioni della realtà sono sempre più incisive delle realtà che raccontano.

Il 74% del campione prevede una crescita del proprio business entro la fine del 2022, nonostante che gli aggettivi più utilizzati nel definire lo stato attuale siano: complicato (38%), dinamico (32%), confuso (29%).

Tre aggettivi diversi che dimostrano quanto il campione viva in maniera schizofrenica il presente, e che se presi singolarmente in esame portano a differenti valutazioni degli scenari. Ma c’è chi intravede una luce: il 25% definisce questo periodo per la comunicazione digitale “promettente”, mentre il 17 % “pieno di novità”.

Una ventata di positività nell’aria, dettata anche dalle tendenze del momento:

  1. omnicanalità della comunicazione e del retail;
  2. evoluzione dell’audio e crescita dei podcast;
  3. fine dell’era dei cookies.

Se per i primi due punti è facile intuirne l’effetto positivo per la comunicazione, più difficile lo è per la fine dei cookies, almeno così per come li conosciamo oggi.

Dopo che Google, nei primi mesi del 2020, ha annunciato l’eliminazione dei cookie di terza parte sul proprio browser Chrome, evento poi posticipato al 2023, è scattata la corsa alla ricerca di nuovi strumenti di acquisizione dei dati. Nell’attesa che arrivi una nuova legge comunitaria, che metta ulteriore chiarezza in un ambito ancora troppo incerto, sia la domanda sia l’offerta pubblicitaria si sono interrogate su quali possano essere le alternative ai cookie di terza parte. E la prima soluzione, guarda caso, arriva proprio da Google, con il suo “Privacy Sandbox”, che punta a rimuovere i meccanismi di tracciamento tradizionali e a bloccare le nuove tecniche segrete, ad esempio il fingerprinting (link alla voce del glossario). Attraverso un meccanismo chiamato trust token, si cercherà anche di dare un segnale di riconoscimento all’utente, perché sia messo nelle condizioni di capire quale portale web, applicazione, pubblicità sia realmente affidabile. Una sorta di patente di autorevolezza. Il problema, ahinoi, resta quello di sempre: chi controlla i controllori? Mentre lato offerta, ovvero sul fronte di noi comunicatori, i token rappresenteranno la certezza che un’utente stia navigando sul sito da noi gestito, senza necessariamente identificarlo univocamente.

Questo non significa la fine totale dell’era dei cookies, almeno per come è stata vaticinata. Per due ragioni: intanto verranno inizialmente bloccati solo i cookie di terza parte; secondo, l’iniziativa “Privacy Sandbox” è comunque ancora al vaglio della Commissione Europea. Vedremo nei prossimi mesi quale sarà il verdetto.

Ci sono però altre possibilità che gli operatori della comunicazione digitale stanno prendendo seriamente in considerazione e che la ricerca restituisce con buon grado di precisione:

  • il Contextual Advertising: detto anche targeting per contesto, dove gli annunci pubblicitari sono comparati e associati, sulla base del loro specifico contenuto, al sito web potenzialmente più adatto a ospitarli. Innovazione tecnologica spinta dalla sensibilità relativa alla privacy che, grazie all’intelligenza artificiale, utilizza i sistemi di analisi semantica e linguistica per scovare nella rete la sede, il contesto si dovrà dire, più adatto per quello specifico annuncio pubblicitario. Un’evoluzione del real time bidding e del programmatic adv altamente promettente per inserzionisti e centri media. Gli annunci vengono selezionati e “serviti” in visione all’utenza sulla base del contenuto presente nei siti che si rendono disponibili a ospitarli e non più, o almeno non solo più unicamente sulla base dei (presunti) interessi degli utenti. Automatizzare in base al contesto anziché in base all’utente non è necessariamente meno preciso. Ma è sicuramente più etico;
  • i dati di prima parte: sono le informazioni ricavate da strumenti di proprietà, come siti web, CRM e software di analisi. Sono quelli più preziosi, perché sono dati diretti del nostro pubblico, quindi generalmente più accurati rispetto a quelli delle terze parti come Google e Facebook.

Fidatevi. La fine dell’utilizzo indiscriminato dei dati di terze parti per pianificare la pubblicità su internet è solo che positiva. Per tutti. Intanto per gli utenti, che riconquisteranno, forse, un po’ della loro sacrosanta privacy; per gli operatori della pubblicità, che dovranno professionalizzarsi ancora di più e imparare, finalmente per la prima volta, a leggere davvero i dati che hanno in mano (i loro e quelli dei loro clienti, non quelli di Google e Facebook); per gli inserzionisti, che potranno parlare a utenti profilati ancora meglio (se i loro consulenti lo sapranno fare).

Prima di acquisire nuovi dati sugli utenti bisognerà analizzare nel dettaglio le nuove Linee guida sui cookies del Garante per la Privacy (www.garanteprivacy.it). Varate il 10 giugno 2021, sono entrate in vigore il 9 gennaio 2022 e, tra le altre cose, modificheranno la modalità di presentazione dei banner.

I banner, d’ora in poi, dovranno presentare le seguenti caratteristiche:

  • un link alla privacy policy completa, con tutte le informazioni;
  • un comando attraverso il quale è possibile esprimere il proprio consenso, accettando le diverse tipologie di cookie;
  • una chiara indicazione dell’utilizzo di cookies tecnici e cookies di profilazione;
  • un link a un’ulteriore area dedicata, nella quale sia possibile selezionare non soltanto le funzionalità, ma anche i soggetti “terze parti” e i cookies;
  • un’apposita chiusura sulla destra del banner, con una x, che andrà a indicare anche la non accettazione dei cookie.

Ecco, dunque, le principali novità in materia che cambieranno il settore della pubblicità digital già dall’inizio di questo 2022. Soprattutto se prendiamo in esame l’ultimo dei cinque punti. Cliccando sulla chiusura del banner automaticamente, significherà la non accettazione dei cookie, questo porterà a una diminuzione del set di dati a disposizione dei marketers. Sarà poi da vedere quanti, come e in quanto tempo si adatteranno alla norma. E se vi saranno, effettivamente, sanzioni. Ma questa è un’altra storia, che qui non ci interessa raccontare.

Che fare? Come riacquisire informazioni sull’utenza senza la tradizionale potenza di fuoco dei cookies?

Lo abbiamo detto. È necessario focalizzarsi nuovamente – per fortuna – sul contenuto. E in questo senso è interessante notare come nella ricerca i digital intensive e i non digital diano risposte differenti sul futuro prossimo del marketing digitale:

  • i digital intensive immaginano che le soluzioni più utilizzate del 2022 saranno il video, il search e il mobile;
  • per i non digital invece vincono podcast, e-mail e influencing.

Ma per comprendere l’oggi e prevedere possibili scenari del domani è giusto interrogarsi su quali siano gli inibitori, le limitazioni verso le quali ancora oggi il marketing digitale in Italia si trova a fare i conti.

Yoursight, o meglio, i suoi intervistati rispondono così:

Per gli operatori delle grandi imprese (il 36% del campione) i principali responsabili del rallentamento del digital marketing in Italia sono la carenza di cultura e conoscenza del digitale a livello manageriale (58%) e l’elevata confusione nelle metriche e nelle misurazioni (45%).

Mentre per gli operatori della piccola e media impresa (28% del campione) le principali limitazioni a uno sviluppo digital in Italia sono:

  1. la bassa quota di popolazione che accede alla banda larga;
  2. la difficoltà nell’utilizzare internet come mezzo per fare branding;
  3. le dimensioni limitate delle aziende attive nel mondo digital;
  4. i costi troppo elevati rispetto all’efficacia delle campagne digital;
  5. le pratiche fraudolente;
  6. la riduzione di investimenti nel settore dopo la crisi Covid-19.

Se ci troviamo totalmente d’accordo con gli operatori delle grandi imprese, non lo siamo allo stesso modo con quelli delle piccole. L’accesso alla banda larga è certamente un problema. Ma questo non incide sullo sviluppo del digitale in Italia nel senso allargato del termine, si dovrà una buona volta dirlo. Incide sulle prestazioni degli addetti ai lavori, non sull’utenza in generale. La banda larga è qualità, certo da perseguire, ma non quantità. La rete oggi, se non altro attraverso il loro smartphone, l’hanno bene o male tutti. Spesso, in certe aree depresse del nostro Paese, a decremento di altri beni primari. Basta farsi un giro tra i ragazzi di Scampia. Giusti invece a nostro avviso i punti due e tre. Non si è ancora bene capito come fare branding ben fatto in rete. Basta assistere a un dialogo fra un direttore creativo o un art director e un digital strategist per toccare con mano cosa stiamo dicendo. E pii, sì, le aziende nel mondo digital sono piccole. Questo è un male? Boh, forse sì. Sopra i punti 4, 5,6 dissentiamo totalmente. Il digital ha un costo contatto inferiore di tutti gli altri media. E questa non è un’opinione. Poi, sulla sua efficacia ne potremo discutere. E, tanto per chiarire, noi siamo dalla parte di quelli che…non c’è di meglio, baby! Punto cinque: pratiche fraudolente. Come dal carrozziere, insomma. E quindi? Nessuna riduzione post Covid. Dati alla mano. Il media digitale è quello che ha tenuto e performato meglio di tutti gli altri, come potrebbe essere diversamente? L’uomo si garantisce la sua multipla solitudine di marcusiana memoria tra una serie Netflix, una partita su Dazn, un po’ di navigazione dallo smartphone sul divano, mentre i pargoli sono silenti sull’ultimo cartone Disney+. Ti ci riconosci? Inutile sarebbe darti il benvenuto in una “cosa” che è tua ormai da alcuni anni.

Ultima viene la politica. Che non si capisce, o forse si, è sempre più indietro della società che rappresenta. Da quanto questa frattura? Forse da sempre, o forse, così acuta, dall’ultimo grande balzo in avanti delle società occidentali. Correvano i ruggenti anni Sessanta del secolo scorso…

La politica non capisce, non vuole, forse non può, capire il digitale.

Ma chiudiamo questo articolo strano di INova con una nota di ottimismo della volontà, contro tutti i nostri pessimismi della ragione, che ci lascia Marianna Ghirlanda, direttore del Centro Studi UNA, in occasione della presentazione della ricerca Yoursight 2021.

Questo cambiamento porterà a qualcosa di positivo, ci sono tante cose già visibili ai giorni nostri: il lavoro agile e la potenzialità di essere geolocalizzati in maniera completamente differente al passato. Abbiamo superato tante barriere. Basti pensare alla migrazione digitale in termini di fruizione e digitalizzazione, a cui abbiamo assistito in questi 20 mesi. Sono attitudini che non cambieranno e rimarranno con noi”.

Un’immagine di speranza verso il futuro del mondo digital e della comunicazione in Italia che anche noi sentiamo di sposare a pieno.

 

Glossario dell’articolo

Cookie tecnici

I cookies vengono detti tecnici quando servono solamente per fornire il servizio che stiamo cercando. L’esempio classico sono i cookie dei siti di home banking che permettono appunto di identificare l’utente nel corso della navigazione.

Per approfondire:

www.agendadigitale.eu

www.privacylab.it

Cookie di profilazione

Sono quelli utilizzati per profilare l’utente in base al suo comportamento durante la navigazione. Vengono creati dei profili, relativi a un utente, per fini commerciali, attraverso l’invio di messaggi pubblicitari creati su misura in base a gusti e preferenze.

Per approfondire:

www.agendadigitale.eu

www.privacylab.it

Dati di Prima Parte

I dati di prima parte sono le informazioni ricavate da strumenti di proprietà o in diretta gestione dell’analista, come siti web, CRM e strumenti di analisi di business. In generale, i dati di prima parte sono quelli più preziosi, poiché sono dati del nostro pubblico, generalmente più precisi e sicuri.

Per approfondire:

www.engage.it

www.commandersact.com

Dati di Seconda Parte

Sono essenzialmente i dati di prima parte di qualcun altro: è possibile ottenerli grazie a un accordo con partner certificati, che sono disposti a condividere i loro dati sui clienti. L’esempio, un’azienda di orologi preziosi potrebbe condividere con un’azienda che vende beni di lusso i dati che ha nel proprio database.

Per approfondire:

www.programmatic-rtb.com

Dati di Terza Parte

Sono informazioni raccolte o vendute da fornitori di dati. In alcuni casi l’origine è difficilmente verificabile. Possono essere suddivisi in due grandi categorie:

  • deterministici: derivanti da una specifica azione o da auto-dichiarazione come ricerche, transazioni o rilascio di anagrafiche;
  • probabilistici: basati sull’aggregazione di vari data-point per dedurre un interesse o una caratteristica.

Più ci allontaniamo e meno diventano affidabili i dati: prima parte, seconda parte, terza parte…

Per approfondire:

www.engage.it

Fingerprinting

È una tipologia di tracciamento online molto più impattante rispetto ai tradizionali metodi di tracciamento. L’impronta digitale (fingerprinting) viene prodotta quando un’azienda crea un profilo unico sull’utente basato sui suoi “usi e costumi tecnologici”: hardware, software, componenti aggiuntivi, le impostazioni relative allo schermo, i tipi di caratteri installati e addirittura alla scelta del browser web.

Per approfondire:

www.mozilla.org

Google Privacy Sandbox

È un’iniziativa di Google che punta a creare tecnologie web che proteggano la privacy delle persone online e offrano alle aziende e agli sviluppatori gli strumenti per costruire attività digitali mantenendo il web aperto e accessibile a tutti. Le persone dovrebbero essere in grado di navigare sul web senza preoccuparsi di quali informazioni personali vengono raccolte e da chi. L’iniziativa Privacy Sandbox mira a rimuovere i meccanismi di tracciamento comunemente usati, come cookie di terze parti e bloccare tecniche segrete, come impronte digitali.

Per approfondire:

privacysandbox.com

Programmatic

Per Programmatic Advertising si intende un processo basato in primis sull’acquisizione di dati forniti da cookies e pixel, ovvero sistemi di monitoraggio che consentono di individuare il target/utente registrandone l’azione tipo. Nella fase successiva, in base alle informazioni ottenute, sono acquistati, in modalità automatizzata, gli spazi pubblicitari.

Le più comuni campagne di acquisizione tramite piattaforme di Programmatic sono le seguenti.

  • Contextual Keyword: ovvero indirizzamento del messaggio pubblicitario sulle pagine web che contengono le parole chiave rilevanti per la propria campagna; redatta una lista di keyword e caricata in piattaforma, gli ads saranno visibili solo nei siti il cui contenuto risulti attinente alla lista stessa;
  • Category Targeting: le piattaforme di programmatic advertising forniscono un’accurata categorizzazione dei siti internet rendendo estremamente semplice ed immediata la possibilità di indirizzare la propria strategia di comunicazione verso un gruppo di siti accomunati dallo stesso tipo di contenuto e argomento trattato;
  • Similar Audience: possibilità di estendere la campagna verso utenti simili per caratteristiche, comportamenti e interessi a quelli che transitano nel sito internet dell’advertiser. È la targetizzazione di solito utilizzata per ampliare le liste di remarketing.
  • Affinity Audience: sono le campagne pubblicitarie basate sui dati di terza parte: è possibile, infatti, acquistare in programmatic, e quindi targetizzare, liste di audience in base a svariati criteri: socio-demografici, interessi, o il manifestato intento di acquisto verso specifici servizi o tipologie di prodotto.

Per approfondire:

www.e-businessconsulting.it

Pubblicità contestuale

Chiamata anche targeting per contesto, è una forma di pubblicità mirata sulla base del contenuto di un sito web, utilizzando elementi linguistici. Gli annunci sono selezionati e serviti da sistemi automatizzati in base al contesto di ciò che un utente sta guardando. Il principale strumento per questa tipologia di pubblicità è Google Adsense.

Per approfondire:

www.forbes.com

Real time Bidding

È l’acquisto e vendita delle impressions attraverso aste in tempo reale.

Per approfondire:

www.italiaonline.it

Smart Speakers

È una cassa audio con cui interagire attraverso la tua voce: puoi parlarle, chiedere informazioni e dare dei comandi. Ospita “al suo interno” un assistente vocale, che sia Alexa, Google Assistant o Siri.

Soluzioni di Identity

Le soluzioni di Identity & Access Management consentono la gestione centralizzata delle identità digitali attraverso l’automazione dei processi di creazione (provisioning), modifica e cancellazione (de-provisioning) degli account associati a ciascun utente nelle piattaforme applicative e dei ruoli ad essi assegnati.

Per approfondire:

www.cybersecurity360.it

Trust token

È l’alternativa ai cookies di Chrome. Un sistema che funziona anche lato client, ovvero l’utente in navigazione riceve un segnale di riconoscimento che attesta l’affidabilità di un portale web, di una applicazione, di una pubblicità. Ma funziona anche sul lato offerta, i trust token sono stati pensati anche per autenticare l’utenza sul web senza la necessità di identificarla. I token, infatti, non saranno in grado di tracciare i movimenti dell’utente tra i vari siti, ma saranno in grado di dichiarare che l’utente che ha cliccato su una determinata pubblicità è legittimo.

Per approfondire:

developer.chrome.com

Viewability

È una metrica utilizzata per stabilire il tasso di impressions realmente visualizzabili e visualizzate:

  • nel caso di un annuncio display di dimensioni normali, il 50% dei pixel di cui è composto è necessario che sia visibile sulla finestra del browser, per almeno un secondo continuativo;
  • nel caso di un annuncio display di grandi dimensioni (maggiore di 242.000 pixel), è necessario che il 30% dei pixel sia visibile sulla finestra del browser per almeno 1 secondo continuativo;
  • nel caso di annunci video in-stream, è necessario che il 50% dei pixel sia visibile sulla finestra del browser per almeno 2 secondi continuativi.

Per approfondire:

www.programmatic-rtb.com

blog.clickio.com

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