Il Gusto del Territorio: i prodotti di qualità che raccontano l’Italia

Questo mese con INova abbiamo intrapreso un viaggio attraverso il gusto del nostro Paese, per scoprire come i prodotti enogastronomici possano contribuire a preservare l’identità locale e a promuovere un turismo sostenibile e autentico. E non abbiamo pensato solo a quei prodotti raggruppati sotto le etichette e le denominazioni di origine IGP, DOP e DOC, andando a cercare anche esempi che esulano dalle classificazioni ma rappresentano indubbiamente eccellenze e buone pratiche illuminanti.

A simboleggiare e accompagnare il nostro viaggio goloso, qui in copertina, finalmente nella sua interezza, una gioiosa rivisitazione del Picnic di Fernando Botero (1998), a cura della nostra Valeria Morando.

Indice dei contenuti:

Prodotti enogastronomici come espressione del territorio

Avremmo certamente potuto raccontare la storia di alcuni prodotti enogastronomici, e di come questi siano nati e si siano sviluppati in relazione al territorio, facendo gli esempi più classici, dal Parmigiano Reggiano DOP al Chianti DOCG, solo per citare due simboli assoluti del Made in Italy nel mondo. Nel Paese dei mille campanili e con il maggior numero di prodotti agroalimentari a denominazione di origine e a indicazione geografica riconosciuti dall’Unione europea, abbiamo invece scelto strade meno battute, ma non per questo meno significative.

Con la guida esperta di Linda Nano siamo passati così dalla Valle d’Aosta con i suoi vini DOC, valorizzati dal Consorzio Vini Valle d’Aosta con una visione identitaria forte e collettiva del territorio, alla Calabria, con interessanti presìdi Slow Food, come il moscato di Saracena e capicollo azze anca grecanico, passando per il Valdarno di Sopra e l’esperienza unica del Consorzio vinicolo Valdarno di Sopra DOC, unico in Italia in cui tutti i soci sono certificati biologici.

Prodotti irripetibili al di fuori dei propri luoghi di origine, che, se opportunamente valorizzati e inseriti in una strategia di comunicazione e promozione integrata, costituiscono una risorsa preziosa sia per il comparto turistico che per il tessuto produttivo locale.

Oltre le denominazioni: storie di prodotti e produttori

Attualmente, l’Italia riconosce 838 prodotti che valorizzano la diversità e la qualità delle sue produzioni locali. Questi includono 578 prodotti DOP (Denominazione di Origine Protetta), che devono le loro caratteristiche uniche a specifici fattori geografici, e 257 prodotti IGP (Indicazione Geografica Protetta), la cui qualità è legata alla loro origine geografica, anche se solo una fase della produzione deve avvenire nella zona definita. Ci sono poi le Specialità Tradizionali Garantite (STG) che rispettano metodi di produzione e ricette tradizionali, come la Mozzarella, la Pizza Napoletana e l’Amatriciana Tradizionale. A questi si aggiungono 341 vini DOC (Denominazione di Origine Controllata) e 78 vini DOCG (Denominazione di Origine Controllata e Garantita).

Un sistema di denominazioni complesso, che valorizza le eccellenze locali garantendone alti standard di qualità, con ricadute sicuramente positive per l’economia rurale italiana. 

Nel contesto della promozione territoriale attraverso i sapori locali, ci sono però tantissime storie di produttori che hanno scelto di operare senza denominazione ma che non per questo sono meno “eccellenti”.

Nel nostro viaggio ne abbiamo conosciuti due: Fabrizio Iuli di Cascina Iuli, azienda vinicola del Basso Monferrato che si distingue per la produzione di vini eleganti e dinamici, utilizzando metodi tradizionali e recuperando varietà piemontesi abbandonate, e Paolo Ciapparelli di Storico Ribelle, che preserva la produzione del formaggio Bitto storico in Valtellina impiegando rigorosamente i metodi tradizionali e valorizzando la storia e la cultura della regione.

Due esperienze diverse che ci dimostrano come la promozione dei prodotti locali possa essere strettamente legata alla valorizzazione del territorio, puntando sulla tradizione, la qualità e il coinvolgimento della comunità.

Unicità

In questa direzione va anche il concetto di prodotti “unici, non tipici”, che orienta l’azione di startup di montagna come Butéga Valtellina, che punta a valorizzare il territorio valtellinese e sostenere piccole realtà produttive.

Nata dalla passione per il territorio e dal desiderio di creare una rete di imprese agricole che condividono valori di qualità, identità e sostenibilità, Butéga Valtellina ci ha dimostrato come una vetrina pensata per supportare piccoli produttori locali possa diventare in poco tempo un veicolo importante per promuovere il turismo enogastronomico, invitando i visitatori a scoprire direttamente i produttori, le loro storie e i loro metodi tradizionali.

formaggio butega valtellina

E se da un lato la filosofia che ci ha spiegato Giorgio Gobetti è quella di “importare persone e non esportare prodotti” – essenza di un intrinseco orientamento al turismo – l’esperienza della startup evidenzia anche l’importanza di una efficace presenza digitale, per facilitare l’accesso ai prodotti locali, permettendo ai consumatori di ritrovare a casa i sapori autentici assaggiati sul territorio. Un’idea replicabile su tanti territori diversi, pensiamo noi, che mette al centro un modello di sviluppo territoriale sostenibile e autentico, valorizzando la biodiversità e le tradizioni locali.

Verso un turismo enogastronomico responsabile e sostenibile

Questa panoramica, con il nostro ormai caratteristico approccio un po’ da flâneur sui sentieri del turismo e della comunicazione, ci porta così a confluire su alcuni temi, che non a caso sono stati al centro del recente Food&Wine Tourism Forum, che si è svolto a Pollenzo.

Sostenibilità. Innovazione. Turismo enogastronomico.

Sul fronte della sostenibilità, il Sustainable Travel Report 2024 di Booking evidenzia una crescente sensazione di “stanchezza, impotenza e disillusione” tra i viaggiatori. Il 29% di essi ritiene che i danni ambientali siano ormai irreversibili e che le loro scelte di viaggio non possano fare la differenza. Inoltre, il 45% delle persone ritiene importante viaggiare in modo sostenibile ma non lo considera una priorità nella pianificazione dei viaggi.

Per quanto riguarda l’innovazione digitale, l’Italia mostra un significativo ritardo. Secondo il Digital Economy and Society Index (DESI) della Commissione Europea, l’Italia è al terzultimo posto per competenze digitali, con una scarsa formazione specifica sia tra le imprese sia tra i laureati: un ostacolo enorme per affrontare le sfide legate all’Intelligenza Artificiale, che oggi hanno impatti e implicazioni non indifferenti sul mondo del turismo.

Di tutto questo occorre tenere conto, per guardare al futuro. Un futuro dove il turismo enogastronomico sarà sempre più protagonista, se è vero che nel 2023 il 58% dei viaggiatori italiani hanno compiuto almeno un viaggio con principale motivazione legata all’enogastronomia (oltre 9,5 milioni di turisti) e se saranno confermate le previsioni di crescita, che stimano un aumento annuale del 17% per la componente gastronomica e del 13% per quella vinicola.

Valorizzare le eccellenze e le unicità locali, proporre esperienze immersive a contatto con i produttori e ragionare in ottica di sostenibilità sembrano quindi essere le risposte per le destinazioni che vogliono usare il turismo enogastronomico come leva di sviluppo.

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