Non chiamateli borghi

L’Italia è un “Paese fatto di paesi”, una costellazione di piccoli comuni, frazioni, borghi e territori “minori” o “marginali”, concentrati soprattutto nell’entroterra, nelle cosiddette aree interne, spesso distanti dai servizi essenziali e dai circuiti turistici tradizionali, eppure caratterizzati da uno straordinario patrimonio naturalistico, culturale, enogastronomico, umano. Negli ultimi anni, e in particolare a partire dal 2017, quando l’allora MIBACT istituì l’Anno dei Borghi, dalla consapevolezza di questa ricchezza spesso inesplorata e ancora da valorizzare, si è originata una narrazione celebrativa in cui i borghi sono diventati sinonimo di autenticità, bellezza e unicità, attirando una sempre maggiore attenzione da parte della politica e del mercato. Un’attenzione che nel 2022 si è tradotta anche in un impegno di risorse senza precedenti: il pur controverso bando “Borghi” ha infatti distribuito più di 700 milioni di euro a 310 comuni (o loro reti) con meno di 5.000 abitanti, a cui si aggiungono circa 1500 comuni che hanno presentato domanda senza ottenere finanziamenti, ma che per partecipare al bando si sono impegnati per sviluppare progettualità e processi totalmente inediti.

In questo scenario, la pandemia non ha fatto altro che accentuare l’interesse per un turismo lento e di prossimità, rendendo sempre più attrattive le mete più piccole, meno conosciute e meno battute, e confermando una tendenza già in crescita negli anni precedenti e potenzialmente molto interessante per il futuro. Turisticamente queste mete sono percepite come il volto più autentico del nostro Paese, dove entrare in contatto con una natura incontaminata, le tradizioni locali e i sapori genuini del territorio.

Piccolo è bello, quindi, ed è innegabile. Però questa retorica dei borghi – ma sarebbe meglio chiamarli paesi – non deve farne dimenticare né sottovalutare la fragilità di fondo. La valorizzazione turistica delle aree interne e marginali rappresenta sicuramente uno straordinario volano per lo sviluppo territoriale, da gestire, tuttavia, con estrema cura, pena il rischio di comprometterne irrimediabilmente gli equilibri ambientali, sociali e culturali.

Rappresentazione plastica di fragilità e bellezza, tanto dal punto di vista ambientale quanto sociale e turistico/economico, è la Liguria, stretta tra mare e montagna, con una ricchezza paesaggistica, culturale, enogastronomica e sportiva, che convive con fenomeni di isolamento, tendenza allospopolamento e all’invecchiamento, fragilità idrogeologica. Macro-destinazione che sta affrontando una fase di ripensamento e riposizionamento, dalla vocazione turistica balneare, la Liguria è territorio ideale da cui partire per ragionare di destination design applicato ai territori marginali. E in Liguria, nel cuore della riviera di ponente, c’è Finale Ligure, località che ha saputo ripensarsi e che oggi siede al tavolo dei “grandi”, in virtù di un passato, un presente e una visione del futuro che fa scuola: da tipica località balneare della riviera ligure e capitale mondiale dell’outdoor, dal mare all’entroterra, dall’estate a tutto l’anno. Una best practice in chiave turistica che, tuttavia, continua a confrontarsi con i problemi e i rischi del “piccolo e fragile”. Temi attuali quali il carico sostenibile, l’overtourism, il mantenimento e la conservazione dell’ecosistema di percorsi e circuiti per il trekking, la spettacolarizzazione e banalizzazione dell’identità culturale, l’economia sommersa.

Ma allora quale ruolo può avere il turismo, e in particolare il destination design – cioè quell’insieme di attività di governance strategica, di comunicazione e promozione delle destinazioni – nelle dinamiche di sviluppo e gestione dei territori più piccoli e marginali?

La Destination Design Conference 2022 proverà a dare risposte e trovare soluzioni, dal punto di vista della strategia, della comunicazione e del mercato, integrando le funzioni e unendo i puntini.

Ideata, realizzata e promossa dalla rete di imprese Destination Design, costituita da Ideazione, Studiowiki, Itur, la Conference si propone così di presidiare un’area di elaborazione teorico-pratica della materia turistica non ancora trattata con sufficiente attenzione. Fornire ai decision maker delle destinazioni uno spazio di confronto, riflessione e formazione integrato; indagare le tendenze attuali e gli scenari futuri del mercato turistico italiano e internazionale oltre la sola commercializzazione; delineare una visione comune del territorio e delle località prese in esame, che sia espressione diretta del tessuto produttivo e sociale; elaborare nuove proposte di valore e di prodotto turistico, da presentare a un mercato sempre più esigente e segmentato; fornire un volano di posizionamento, comunicazione, crescita e confronto utile a saper prendere posizione e governare la complessità: questi gli obiettivi di DEDECO.

Due giornate di lavoro congressuale con esperti del turismo sul panorama nazionale (giornalisti, accademici, destination manager, direttori creativi, tour operator e decision maker dei territori italiani), accompagnate da momenti collaterali di networking. Un reale momento di crescita e confronto per il territorio ospitante, per i suoi decisori pubblici e privati, per gli stakeholder e gli operatori della filiera turistica.

La conference si svolge in modalità phygital, sia in presenza sia attraverso la diretta streaming.

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