L’estate è un’idea.

Ovvero, la gente bacia d’estate.

L’estate comincia il 21 giugno e finisce il 23 settembre, ma questa è solo la sua dimensione stagionale, certo non poco importante. Il ciclo delle stagioni è oggi sconvolto dal cambiamento climatico, che rischia di negare alle future generazioni tutto ciò di cui parleremo in questo articolo. Poi c’è la dimensione più intima e profonda dell’estate, quella del significato che ognuno di noi gli attribuisce. Credo che proprio l’estate, fra tutte le stagioni, sia quella più carica di significati; un senso che è spesso contraddittorio.

Ci sono infatti due dimensioni spazio-temporali dell’estate. Due dimensioni che separano irrimediabilmente le stagioni della vita delle persone. Se con “estate” intendiamo “vacanza”, fino che si è giovani (adolescenti) l’estate dura tre mesi. Quando non lo si è più l’estate dura due, massimo tre settimane, normalmente le prime di agosto. Eppure, anche dopo molti anni rimane cristallizzata in noi l’idea perduta, qualcosa più di un ricordo, che da giugno a settembre le cose sono un po’ diverse per tutti, anche per coloro che non lo sono più. Il tempo dell’estate si riduce inevitabilmente all’aumentare dell’età anagrafica, ma non la sua idea.

Sarà l’effetto dell’interruzione del palinsesto televisivo, sarà la chiusura delle scuole dei nostri figli, saranno i pantaloni corti anche in ufficio (chi può…), sarà altro. Certamente non la luce fino a tardi, ne sono convinto, altrimenti maggio dovrebbe già avere quel significato che invece non ha. Tuttavia, credo che questa sia una condizione che tutti, più o meno a loro modo, provano. “Provano”, non “hanno provato”: insisto con il verbo al presente, perché non è una condizione che si è “già” provata, ma è qualcosa che si continua a provare, per “sempre”. È il retaggio di noi italiani alle lunghe vacanze scolastiche dell’estate.

Ricordo ancora bene le estati della scuola. Quelle che andavano da giugno a settembre. Un tempo che oggi mi sembrerebbe infinito, di sospensione, dal quale si ritornava ogni anno diversi. In tre mesi ci stava qualunque cosa. Le giornate a oziare e annoiarsi per casa, le vacanze con i nonni in montagna, le scorribande al mare, le uscite la sera da solo con gli amici. I primi baci. Sì, perché se si facesse un’inchiesta in stile Comizi d’amore di Pasolini, sono convinto scopriremmo anche oggi che la maggioranza delle persone ha dato il suo primo bacio d’estate.

Tutto questo vale dalla scuola materna alla quinta superiore. Certo, durante le superiori le estati erano già fatte di lavoretti estivi ogni anno più seri. Poi è venuto il tempo dell’università, con le sue estati più brevi. Le ultime sessioni d’esame si tenevano in luglio inoltrato e le prime in settembre; ricordo le giornate sui libri, le settimane che precedevano gli esami, nel caldo ombroso del terrazzo della nostra casa di Finale Ligure, dove allora vivevo con la mia famiglia.

Da quando ho cominciato a lavorare, anche per me le estati sono diventate le due o tre settimane di ferie ad agosto, eppure, quell’immagine di loro non è mai scomparsa e ha continuato ad agire nel presente in modi sotterranei e sconosciuti. Quest’anno ho deciso di spezzare le ferie estive: una prima parte la settimana di Ferragosto e la seconda la prima settimana di settembre. Sensazione strana, tutti o quasi tutti sono tornati, e io devo ancora partire. Ma altrettanto strano è stato restare a casa a Ferragosto. Come sappiamo, il turismo sta cambiando velocemente, anche per effetto della pandemia, e non ci sono più gli esodi totali, con le città che rimangono praticamente deserte. Ma Savona quest’anno mi è parsa più vuota del solito. Ho deciso di non partire perché dovevo fare il trasloco della libreria nel mio nuovo appartamento. Libri, quindi, durante la mia prima parte di ferie e non-vacanze, ne ho maneggiati molti, ma letti nessuno. Sicuramente ne è nato un catalogo di promesse per prossime letture invernali che non riuscirò mai a mantenere, ma non mi dispiace pensare che sono più i libri che vorrei leggere rispetto al tempo che ho realmente a disposizione per farlo. E poi, quest’estate ho scritto due poesie, dopo circa dodici anni di silenzio. Non le ho cercate, sono venute a galla da sole, senza sforzo iniziale. Nulla di particolarmente entusiasmante, ma una testimonianza d’estate savonese che restituisco senza altri obiettivi se non quello di una più puntuale cronaca della mia settimana di ferie-trasloco.

Bianche colonie di funghi prataioli
nelle aiuole pelate secche, ai bordi
di una Piazza del Popolo.
(ombrosa fra le tante ombrose di provincia italiana fra le tante)
Siete manifesto d’Autunno
odore di bosco: nel cuore di città.
Nel centro dell’estate.

Ferragosto vocativo

Sera, dolce, sera
che benevola scendi
coperta aggrappata a questi silenzi.
Dolce, nuova
sera, giovane
come un mantello
che impiglia noi rami
non più verdi ma ancora teneri e bruni.
Di questo agosto,
sera, che allo spartiacque del mese
del tempo che sale, tu,
scendi, sera, scendi
fresca non ancora fredda.
Sera serena di candide stelle
specchiate nei pannelli
sopra i tetti e nei parcheggi.

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