La dieta inizia di lunedì

C’è solo la strada su cui puoi contare
la strada è l’unica salvezza
c’è solo la voglia e il bisogno di uscire

di esporsi nella strada e nella piazza
perché il giudizio universale
non passa per le case
le case dove noi ci nascondiamo
bisogna ritornare nella strada
nella strada per conoscere chi siamo.

Giorgio Gaber, C’è solo la strada

Siamo finalmente riusciti a partire. C’è una foto, fra le più belle della vacanza, ma sarebbe giusto dire viaggio, con Tommaso vicino al camper che tiene una borsa. Siamo davanti alla stazione di Savona, e ricordo ancora il rumore del motore già acceso: avevamo paura che non ripartisse. Era lunedì 5 agosto.

camper viaggio turismo sostenibilità
Savona, Liguria

Ci siamo innamorati del viaggio in camper la scorsa estate: ci siamo innamorati di non avere sempre un programma per tutto. Perché non si diventa turisti migliori se non si comincia a essere cittadini migliori. Ma si può essere cittadini migliori cominciando a viaggiare meglio, mangiare meglio, vivere meglio. Non dimenticandosi che quelli che guardiamo con sintomatico sospetto a casa nostra, siamo noi a casa loro. E anche i nani hanno cominciato da piccoli, ovvero è pur sempre un fatto di educazione civica, al bello e al buono. Forse l’aforisma per cui nulla che vale la pena di sapere deve essere insegnato è soltanto troppo ottimistico.

Ricordo il suo stupore felice per Venezia, irripetibile e misterioso come tutte le prime volte. Poi il Tonale, la Valle Camonica (Lombardia, ndr), la discesa per la Sp 42. Dallo scorso anno, le nostre vacanze sono strade (per ora) italiane. Quest’anno l’Appennino, e non solo. Dai Colli bolognesi all’Abetone, e poi giù fino al Gran Sasso e ritorno. Attraversando l’Emilia, visitando l’elegante Modena, toccando la Toscana, per scoprire l’Umbria fuori dalle mete più frequentate; Norcia, bellissima e ancora ferita dal terremoto. L’Abruzzo è stata scoperta infinita. Amore per quell’Italia seconda che seconda non è. Risalendo per la Salaria, Amatrice, ancora troppo troppo ferita dal terremoto. E poi la Maremma, Punta Ala e Cala Violina, il Mugello, il Chianti e il Valdarno.

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Campo Imperatore visto dal massiccio del Gran Sasso

Chissà cosa ne penserà nostro padre, velista d’altura, che più volte ha attraversato l’oceano (Atlantico, ndr). Forse che le nostre non sono altro che frequentazioni poco oltre quartiere. Che il cielo, quello vero, che io e Tommaso abbiamo visto (e sentito) quella notte sul Gran Sasso, lui l’ha avuto come compagno per più di trenta notti in alto mare, senza il rumore del motore, a risentire lo stesso silenzio del vento tra le vele e dell’acqua che scorre sotto la chiglia che hanno ascoltato per migliaia di anni migliaia di uomini e migliaia di donne che hanno deciso di andare per il mare. Perché, per quanto con il camper si possa provare a inseguire l’idea della wilderness, questa resta sempre un po’ incompiuta. Se, come cantava Gaber, “nelle case non c’è niente di buono”, “la strada è l’unica salvezza”, beh, vuoi mettere il mare; lì non ci sono sentieri tracciati, ma solo rotte, tutte possibili, anche quelle impossibili, da navigare…

Ma quella sarebbe un’altra storia.

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Sabato 3 agosto, arrivati a Savona dopo aver preso il Marlyn da mio fratello a Vinovo (Torino, ndr), lo abbiamo lavato e preparato al viaggio. Cambusa fatta, tutto era pronto! Ma lui, Marlyn, ha pensato di prendersi 24 ore di riposo. Giravamo la chiave, nulla, niente, il silenzio del vento tra le vele. Dopo il lavaggio, devo dire accurato, forse troppo accurato, semplicemente non partiva più. Solo la domenica sera, e molti tentativi falliti, evidentemente figli di ipotesi suggestive ma affatto veritiere, ha deciso, in totale autonomia, di riaccendersi. Prima tappa: Verona. Dovevamo provare, a detta di mio figlio Tommaso, la carbonara più buona di sempre, anche della mia, che aveva scoperto per caso durante una gita a Gardaland con la madre. La carbonara era effettivamente molto buona, il ristorante, ottimo ed economico, si trova in pieno centro, in una traversa di piazza delle Erbe. Una felice sorpresa per una zona così turistica come il centro di Verona. Ma altrettanto interessante è stato il fastidio del taxista che ci ha accompagnato dall’area camper sino in centro. Alla classica domanda: “cosa fate a Verona?”, alla quale si aspettava la classica risposta “siamo venuti a vedere l’Arena”, si è sentito rispondere: “cerchiamo un ristorante che fa la carbonara buona in una traversa di Piazza delle Erbe, ci lasci lì.” Come se visitare una destinazione famosa per uno specifico attrattore turistico, in questo caso l’Arena o Montecchi/Capuleti e tutto il corredo pseudo culturale del caso, imponesse al turista di fare esattamente e puntualmente quello. Vuoi mettere andare a Roma e prendersi la libertà di non vedere il Colosseo?

La cosa peggiore che ricordo di Venezia è Piazza San Marco. Ci sarà un motivo! E non è colpa del Colosseo, e nemmeno di Piazza San Marco. È colpa del paratesto che ci abbiamo messo intorno. È colpa dei turisti. È colpa degli operatori. È colpa nostra, alla fine. E, ormai, ci si può fare ben poco. Basta non dire che è colpa del turismo, perché è solo il risultato di come abbiamo organizzato il tempo, soprattutto il tempo libero. Un unico orientamento possibile, quello al consumo, che non lascia altri spazi. L’esperienza turistica del visitatore medio è tristissima. Un via vai per fare le foto con il cellulare, possibilmente dallo stesso punto della foto vista sul web o sulla guida. E guai se una volta arrivati non troviamo esattamente quello che la foto ci prometteva.

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Tramonto a Punta Ala, Toscana

È stato davvero bello rimettersi in strada la mattina presto, dopo aver digerito la carbonara e aver evitato l’indigestione di turismo, pensando a tutto quello che si sarebbe potuto fare e vedere a Verona e che, per fortuna, siamo riusciti a evitare di fare (e vedere), non senza un po’ di fatica, certo. Ci vuole forza di volontà per resistere alle tentazioni e, ancora di più, ai soliti vizi. Del resto, era già martedì e – lo sanno tutti – la dieta comincia sempre di lunedì.

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