Senior vs Junior. Ovvero, l’episteme corto.

un senior in ufficio

Punti di contatto. Senior vs Junior. L’incontro-scontro generazionale è stato al centro della terza edizione dei Touchpoint Days Engagement, svoltasi dal 5 al 7 luglio e andati in onda su OltreLaMedia.tv. Un tema sul quale sono stati chiamati a esprimersi professionisti del mondo delle aziende, delle imprese di comunicazione, della cultura e dell’intrattenimento.

L’argomento è quantomai attuale, e se è vero che riguarda ogni campo lavorativo, diventa ancora più evidente nel mondo della comunicazione, dove l’uso di tecnologie digitali tipiche della generazione Z aumenta il divario generazionale, riducendo i punti di contatto. I giovani hanno una freschezza e un’immediatezza di utilizzo delle nuove tecnologie e dei social media che nessuno gli ha insegnato, perché ci sono nati e cresciuti dentro: non hanno bisogno di “impararli”, è il loro approdo quotidiano. Il livello di digitalizzazione è solo uno dei tanti elementi che differenziano le nuove generazioni dai cosiddetti boomer: La tecnologia non è il risultato, è forse l’origine del divario. E la differenza sostanziale sta nell’orizzonte ideale delle generazioni, che è cambiato profondamente negli ultimi 30 anni, adattandosi a una società più volatile, distratta, e sempre di corsa. Un cambiamento molto rapido, a cui raramente abbiamo assistito nei periodi storici che ci hanno preceduto.

Ma un argomento come questo, per essere affrontato, ha inevitabilmente bisogno di generalizzazioni e approssimazioni che molto spesso non riescono a cogliere il tema in tutta la sua infinita e affascinante complessità. Oltre la media, appunto. È un discorso che non si risolve e che – forse – non risolve proprio un bel niente. Ci pare che qui il rischio dell’adagio “non ci sono più i giovani di una volta” sia dietro l’angolo. Tuttavia, siamo disposti a correre questo rischio, scusandoci preventivamente se a qualcuno questi discorsi paressero eccessivamente tautologici o, peggio, salottieri.

Chi stabilisce dove si trova il confine fra Junior e Senior? Un professionista di 30 anni con un decennio di esperienza dove si colloca? Forse la verità è che un confine chiaro non c’è. Che le distinzioni di generazione sono un po’ come quelle di genere. Diventano con troppa facilità discriminazioni: di genere e generazione, appunto. L’ennesimo tentativo di etichettare qualcosa di complesso che tutti accomuna e a tutti sfugge. Perché a una persona possono bastare due anni per diventare professionista senior, e a un’altra può non bastare l’intera esistenza. Così è la vita.

L’istruzione è una cosa ammirevole. Ma è bene ricordare, ogni tanto, che nulla di ciò che vale la pena di sapere può essere insegnato”, scriveva Oscar Wilde nel 1894.

Quello che le nuove generazioni hanno perso, nell’era del multitasking, è la cultura dell’attenzione. Abituati ad avere tutto subito, stimolati dalla dopamina delle incessanti notifiche, a un certo punto hanno smesso di avere pazienza. Di fermarsi per guardare il quadro d’insieme, con le sue impercettibili differenze. Abbiamo archiviato la cultura della comprensione profonda, quella della corrispondenza dei significati. Ci fermiamo alla superficie delle cose, ce lo impone il nuovo status social-televisivo, ci arrestiamo alle primissime informazioni di base, così come facciamo – applicando lo stesso schema mentale – quando controlliamo soltanto i primi due o tre risultati (se va bene) in una ricerca su Google. Mentre abbiamo dispiegato completamente il democratico accesso alle informazioni, quanto meno a moltissime di esse, ne abbiamo parallelamente rifiutato lo statuto.

Il pubblico ha un’insaziabile curiosità di conoscere tutto, tranne ciò che vale la pena conoscere”, provoca ancora Wilde.

La scarsità di un bene ne aumenta il valore. È la legge della domanda e dell’offerta, e non vale solo in economia, evidentemente. La società non è solo più laica e secolarizzata, è irrimediabilmente distratta. Abbiamo forse confuso la leggerezza con l’approssimazione elevata ad arte? È possibile. Certamente ci siamo accorciati l’episteme.

Forse il problema non è il passaggio della conoscenza, ma la qualità e il valore dello scambio delle informazioni. Che la distrazione non sia la nostra arma di specie, di sopravvivenza biologica, all’ipertrofia comunicativa dentro la quale ci siamo imprigionati?

Vale sempre la pena di fare una domanda, anche se non sempre vale la pena di attendere la risposta” (Oscar Wilde).

Total
0
Shares
Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Prev
Ogni lavoro è un viaggio

Ogni lavoro è un viaggio

Certo che facciamo proprio un bel lavoro, noi che lavoriamo sul Destination

Next
Per una comunicazione etica della destinazione turistica
locanda mistral in val maira

Per una comunicazione etica della destinazione turistica

Se in un buon vino la struttura e l’identità, ovvero quell’insieme irripetibile

You May Also Like