La trasparenza nell’influencer marketing

Qualche giorno fa si è svolto un’interessante webinar sulla trasparenza nell’influencer marketing, organizzato da Buzzoole, una piattaforma che ha lo scopo di mettere in contatto creator e brand per massimizzare l’impatto delle campagne di comunicazione.

Il webinar è stato presentato da Vincenzo Cosenza, chief marketing officer di Buzzoole e ha visto la partecipazione di Vincenzo Guggino, segretario generale dell’Istituto di Autodisciplina Pubblicitaria (IAP) e Massimo Dona, presidente dell’Unione Nazionale Consumatori (UNC).

Il primo intervento, condotto da Vincenzo Cosenza, ha presentato il quadro sullo stato della trasparenza nelle comunicazioni in Italia, una delle sfide che si trovano ad affrontare gli operatori dell’Influencer Marketing. In gioco c’è la credibilità di questa leva di marketing, che sta crescendo in maniera esponenziale negli ultimi anni: rendere evidente al pubblico il rapporto commerciale da cui originano i post rappresenta un elemento di forza anche per brand e creator, che in questo modo instaurano un rapporto di fiducia con i rispettivi pubblici.

Secondo la ricerca condotta da Buzzoole, solo su Instagram l’hashtag #AD nel 2019 è stato utilizzato 3,5 milioni di volte per le inserzioni in inglese e ha portato 3,5 miliardi di interazioni, con un incremento del 28% rispetto all’anno precedente.

Riferendosi alla situazione italiana, Cosenza ha poi sottolineato come l’analisi ha interessato tutti i post in italiano contenenti gli hashtag della trasparenza più utilizzati ossia #Ad, #Adv, #sponsorizzato, #sponsored, #inserzioneapagamento, #prodottofornitoda, #pubblicità, #advertising.

Nel 2019 sono stati rinvenuti 265.339 contenuti che hanno generato 274 milioni di interazioni, una produzione in crescita del 49% rispetto all’anno prima.

Il 69% dei post si sono concentrati su Instagram, il mezzo indubbiamente migliore per esercitare questa particolare forma di marketing, anche per il fatto che la piattaforma ha fatto registrare uno strabiliante 98% delle interazioni con le inserzioni sponsorizzate rispetto a tutte le altre piattaforme. Il settore più trasparente è stato quello del fashion, con il 30% dei post sponsorizzati, seguiti dal beautye il mondo degli accessori, rispettivamente con il 17 e l’11%. Dopo un’analisi dei post con più interazioni sono state prese in esame le strategie di alcuni brand, come Daniel Wellington e Prozis, che hanno fatto dell’Influencer Marketing la loro leva di comunicazione principale e sono stati approfonditi i metodi di penetrazione di questi brand sul mercato.

La parola è poi passata a Vincenzo Guggino, che ha spiegato il ruolo dell’IAP nell’Influencer Marketing. L’Istituto vigila sui commenti o le opinioni espresse da una celebrity, da un influencer o da un blogger che hanno natura di comunicazione commerciale e sono soggetti al Codice di Autodisciplina.

In conclusione, Massimo Dona ha fornito un prezioso contributo alla discussione, ricordando che la pubblicità, non solo se “occulta”, ha il potere di influenzare inconsapevolmente i consumatori nella scelta di un prodotto o nel giudizio su un brand.

Dona ha messo l’accento su un fenomeno assolutamente particolare: alcuni micro-influencer sponsorizzano i brand senza avere rapporti diretti con l’azienda, nella speranza di essere contattati per un contratto di sponsorizzazione. Un ulteriore elemento che ben esemplifica la difficoltà a muoversi in questo variegato settore da parte dei brand, dei creator e delle associazioni di categoria che, con delle linee guida condivise da tutti gli operatori, potrebbe generare ancora più interesse da parte del mondo della comunicazione.

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