Vicenza è… innovazione e storia

I modelli di governance territoriale veneti si caratterizzano, come abbiamo già rilevato nelle ultime settimane, per la varietà e le trasformazioni in corso. Il nostro viaggio prosegue a Vicenza, dove da più di trent’anni il Consorzio Vicenza è si occupa della promozione turistica, con un approccio concreto e ancorato alle realtà del territorio.

Abbiamo scelto di ripercorrere insieme a Carla Padovan, Segretario Generale, l’iter storico del Consorzio e le sue prospettive future. L’intervista è accompagnata, come sempre, dalle foto di Davide Busetto e dall’illustrazione della nostra art director Valeria Morando.

Quale scenario ha portato alla nascita del Consorzio?

Vicenza è nasce nel 1991 per volontà della Camera di Commercio di Vicenza. La nostra provincia si è caratterizzata, a partire dal dopoguerra, per le straordinarie performance nel settore manifatturiero: siamo la prima provincia per export pro capite in Italia e per valore assoluto la terza dopo Milano e Torino.

In questo panorama di impegno e successi, il settore turistico era stato lasciato indietro: è stata la Camera di Commercio a innescare uno sforzo per convertire i nostri valori artistici, culturali, naturalistici, paesaggistici ed enogastronomici in prodotto economico. Per molti versi, anche con un approccio pionieristico: già trent’anni fa guardavamo al turismo con un occhio attento alla sostenibilità. Oggi sono istanze comuni, ma il modello vicentino in questo ha precorso i tempi.

Vicenza, foto di Davide Busetto

Volendo ripercorrere la storia del Consorzio, quali sono state le tappe fondamentali?

Al momento della fondazione, nel 1991, è stato realizzato quello che ritengo sia stato il primo piano di marketing turistico pubblico-privato. L’idea era proprio sostenere una progettualità condivisa, con un coinvolgimento attivo da parte delle imprese – anche dei singoli operatori a livello individuale. In quelle prime fasi, abbiamo lavorato molto su ciò che mancava al territorio e su come poterlo comunicare al meglio.

Nel 1994 c’è stato un traguardo importante: l’inserimento nella World Heritage List UNESCO, di cui quest’anno festeggiamo il trentennale. Parallelamente, all’inizio degli anni Novanta, è nato anche il Centro Congressi di Vicenza: un grande investimento che ha permesso di allargare gli orizzonti rispetto al settore MICE. Anche se a partire dal 2010 abbiamo lavorato molto sulla riconversione dell’offerta dal turismo d’affari (business) al turismo culturale (leisure).

Come si è consolidato quel percorso?

Un fattore sicuramente decisivo è stato il restauro della Basilica Palladiana, durato sei anni: le quattro grandi mostre lì ospitate tra il 2012 e il 2018 hanno contribuito a consolidare la città come destinazione culturale. In parallelo, sono state organizzate altre iniziative artistiche prestigiose: teatro, concerti… è stato un vero e proprio percorso di consapevolezza sulla destinazione.

Basilica Palladiana, foto di Davide Busetto

Parliamo delle presenze turistiche?

L’intera provincia di Vicenza supera i due milioni di presenze, mentre il capoluogo viaggia intorno alle 600-650 mila presenze. È un dato estremamente positivo per la città, se consideriamo che si tratta di un capoluogo molto piccolo, rispetto alle dimensioni della provincia.

Come si compone oggi il Consorzio e qual è l’organico?

Ne fanno parte la Provincia di Vicenza, il Comune capoluogo e alcuni altri Comuni che rappresentano aree fortemente legate al turismo. Per esempio, il Comune di Villaga, di Bassano del Grappa, di Montecchio Maggiore, di Recoaro e di Lonigo. E poi, una serie di operatori privati: gli operatori ricevono una formazione costante e continua. Siamo convinti che la differenza, nell’accoglienza, la facciano le persone e lavoriamo con impegno in quella direzione.

A lavorare nel Consorzio, attualmente, siamo in tredici.

Bassano del Grappa, foto di Davide Busetto

Quali sono le forme di finanziamento del Consorzio?

In passato buona parte del sostegno arrivava dalla Camera di Commercio: a partire dalla Legge Madia questa forma di approvvigionamento è stata limitata e le Camere di Commercio hanno dovuto uscire da tante partecipate.

Oggi, Vicenza è viene finanziato dai soci e attraverso i bandi europei. Sicuramente i bandi sono un grande aiuto, ma dal mio punto di vista hanno anche grossi limiti, imponendo un’eccessiva frammentazione delle risorse. L’irregolarità dei fondi provoca una certa precarietà negli organismi di presidio territoriale: si rischia di lavorare senza quella continuità necessaria a pianificare investimenti più progettuali.

Al momento la Regione è attraversata da importanti cambiamenti, sul piano della governance territoriale. Prevede delle evoluzioni nella forma giuridica di Vicenza è?

Il mio ruolo all’interno del Consorzio non rappresenta la parte politica: non saprei dare una risposta certa, se non che per il momento la forma giuridica resta la stessa. Ho osservato i cambiamenti in atto e ritengo sia fondamentale mantenere, a prescindere da chi siano, dei punti di riferimento certi e solidi sul territorio.

Le trasformazioni sono inevitabili, nel momento in cui emerge la necessità di cambiare, ma è importante predisporre una macchina in grado di funzionare e portare avanti il lavoro svolto. La nostra forza è sempre stata il senso pratico, la conoscenza profonda del territorio e degli interlocutori, il fare.

E per quanto riguarda gli IAT?

Sono delle risorse importanti: sono il primo biglietto da visita della destinazione, e anche in questo caso, dal mio punto di vista, dovrebbero essere strutture solide e integrate, non soggette a continui cambiamenti di rotta. Al momento, nella provincia, ne abbiamo sei. Per un periodo, a partire dal 2002, è stato proprio il Consorzio il braccio operativo che si occupava della gestione degli IAT: in quel periodo abbiamo lavorato per garantire omogeneità nella rete, e la formazione necessaria. In seguito, la competenza è stata tolta alle province: da allora qualunque soggetto, ipoteticamente, può decidere di aprire uno IAT. Ne abbiamo ancora alcuni in gestione, tra cui quello di Vicenza, altri sono affidati a soggetti terzi.

Basilica Palladiana, foto di Davide Busetto

E sul piano della comunicazione?

Oltre al sito web, storicamente abbiamo fatto un largo uso dei social media: siamo stati i primi a pensare di aprire dei profili social per gli IAT. Inoltre, alimentiamo il portale del Comune di Vicenza.

Un aspetto che ci tengo a sottolineare, e in cui credo, nuovamente, che il modello vicentino sia stato pioneristico, è l’impegno sulla Vicenza Film Commission. Negli anni abbiamo attirato importanti produzioni cinematografiche, con largo anticipo rispetto a molte altre destinazioni italiane rivoltesi in seguito allo stesso settore. In tempi più vicini abbiamo assistito a un primo sforzo da parte della Film Commission regionale, di recente formazione: l’intenzione era cooperare con quelle provinciali ma ritengo ci sia stato un po’ di disallineamento.

Quali canali di vendita presidia il consorzio?

Principalmente, le fiere. In alcuni casi si rivelano molto utili, anche se non quanto anni fa: la partecipazione consente di consolidare i contatti con tour operator e giornalisti. Saltuariamente, proponiamo educational e press tour, ma sempre in modo reattivo, non propositivo.


La lunga storia di Vicenza è, come ha raccontato Carla Padovan, garantisce solidità ed esperienza alla governance turistica del territorio. Quello del Consorzio è ancora un modello attuale, nel contesto dei grandi cambiamenti regionali? Una riflessione in divenire, che procederà nelle ultime due tappe del nostro viaggio estivo in Veneto.

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