C’è stato un lungo periodo di apnea per la città del Ponente ligure, ma ora è ufficiale: il Festival di Sanremo rimane nella sua storica sede, il Teatro Ariston. Un appuntamento che, da oltre settant’anni, lega la città alla musica e che ne ha fatto un marchio riconosciuto a livello internazionale. Sanremo non è soltanto il Festival della Canzone Italiana: è un vero e proprio brand territoriale, capace di trasformare una località costiera in icona culturale, catalizzatore di flussi turistici e motore di una reputazione che va ben oltre i confini nazionali.

Il caso di Sanremo è solo un esempio di un fenomeno più ampio e trasversale: la musica, spesso inconsapevolmente, è una delle più potenti leve di attrazione turistica. Nel tempo, molte città sono state trasformate da un genere, un artista o un evento musicale. Liverpool, da città esclusivamente portuale, si è imposta come meta globale grazie al mito dei Beatles, che ancora oggi alimenta un turismo identitario fatto di tour tematici, musei, merchandising ed esperienze dedicate. Memphis vive del ricordo di Elvis Presley e di Graceland, visitata ogni anno da centinaia di migliaia di fan. Seattle, negli anni ’90, è stata la capitale del grunge, con Nirvana e Pearl Jam capaci di attrarre pellegrini musicali da ogni parte del mondo. Un’intera isola come la Giamaica è diventata destinazione turistica anche grazie all’eco planetaria di Bob Marley, e Berlino è oggi capitale indiscussa della musica elettronica: la sua scena techno è uno dei principali driver turistici per una nuova generazione di viaggiatori.
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In Italia
L’Italia non è da meno: Zocca, borgo appenninico in provincia di Modena, è diventato meta di pellegrinaggio per i fan di Vasco Rossi; Verona ha consolidato la sua identità internazionale grazie all’Arena, che da anfiteatro romano è divenuto tempio musicale frequentato ogni anno da centinaia di migliaia di spettatori. E non dimentichiamo Napoli, dove la musica neomelodica e, più recentemente, la scena rap e urban hanno contribuito a ridefinire l’immagine della città come capitale culturale contemporanea.
In Liguria
E in Liguria, la scuola genovese con Fabrizio De André, Gino Paoli, Luigi Tenco e Bruno Lauzi – protagonisti di una stagione che ha trasformato la canzone d’autore in letteratura popolare – ha reso i vicoli, i carruggi e le piazze della città non solo sfondo urbano, ma autentici paesaggi narrativi. Le loro parole hanno saputo restituire Genova come luogo dell’anima, un porto che diventa metafora, una città che si fa musica prima ancora di essere visitata.

Oggi, a distanza di decenni, una nuova ondata di artisti sta riscrivendo l’immaginario musicale ligure, portando nei palazzetti e nelle classifiche nazionali la voce di una generazione diversa ma altrettanto radicata nel territorio. Tedua, cresciuto a Cogoleto, ha saputo fondere rap e cultura mediterranea con un linguaggio colto e urbano; Bresh, con i suoi racconti di quotidianità e amicizia, ha trasformato Genova in simbolo di appartenenza collettiva; Olly, con il suo stile fresco e melodico, ha portato nei grandi festival italiani l’energia delle nuove generazioni.
Se i cantautori degli anni Sessanta cantavano Genova e la Liguria come luogo poetico, malinconico, simbolico, i rapper e i trapper di oggi la raccontano come spazio vissuto, concreto, fatto di periferie, amicizie, esperienze di strada, ma anche di orgoglio identitario. È un cambio di linguaggio che mantiene intatta la stessa forza: quella di far sì che chi ascolta desideri conoscere, camminare, vivere quei luoghi.
Il risultato è che Genova e la Liguria non smettono di produrre musica che si intreccia al territorio, generando nuove narrazioni capaci di attrarre turisti e appassionati: da chi cerca nei versi di De André la poesia dei caruggi fino a chi vuole vivere dal vivo i quartieri e i paesaggi evocati dai rapper contemporanei. Una continuità musicale che diventa anche continuità turistica, perché le canzoni sono mappe emozionali che orientano i viaggiatori nel tempo e nello spazio.
Nel mondo
Non serve però nascere in un luogo per trasformarlo in meta e destinazione. Spesso è la musica stessa a imprimere una destinazione nell’immaginario collettivo. New York, New York e Frank Sinatra hanno consacrato la Grande Mela come capitale dei sogni; Garota de Ipanema di Antonio Carlos Jobim ha reso famosa in tutto il mondo una spiaggia brasiliana; o ancora agli esordi dell’era dei video musicali Like a Virgin di Madonna ha portato orde di fan a Venezia nel pieno degli anni 80.

Nella storia
Se ampliamo lo sguardo possiamo notare come la musica abbia plasmato, in maniera profonda e duratura, le traiettorie del turismo italiano già da oltre un secolo. L’opera lirica, con i grandi nomi di Verdi, Puccini, Rossini e Donizetti, ha rappresentato non solo un patrimonio artistico, ma una vera e propria ambasciatrice dell’Italia nel mondo: un linguaggio universale capace di raccontare emozioni, tradizioni e valori culturali che hanno reso il nostro Paese un riferimento imprescindibile nella scena musicale internazionale.
I teatri italiani, da Milano a Venezia, da Parma a Verona, hanno assunto nel tempo un ruolo che travalica la funzione di semplici spazi di spettacolo. La Scala, la Fenice, il Teatro Regio, l’Arena sono diventati luoghi identitari, simboli di appartenenza e di eccellenza culturale. Essi incarnano il genius loci delle città che li ospitano, trasformando l’esperienza musicale in un vero rito collettivo, capace di generare senso di comunità, ma anche di attrarre un pubblico colto e cosmopolita.

Questi luoghi non sono mai stati isolati: intorno a essi si è costruita un’intera economia culturale e turistica. Lo spettatore che assiste a un’opera non si limita al consumo artistico, ma vive un’esperienza più ampia che coinvolge la città. In questo intreccio tra musica e territorio, i teatri hanno stimolato flussi turistici stabili, contribuendo a generare indotto economico e a consolidare l’immagine dell’Italia come destinazione culturale di livello mondiale.
Oggi più che mai, questo modello dimostra la sua attualità: l’opera lirica e i teatri storici continuano a essere poli di attrazione turistica e culturale, ma anche piattaforme di innovazione. La fruizione musicale si rinnova, si apre al digitale, allo streaming, ai festival tematici, intercettando pubblici diversi e mantenendo intatta la sua forza evocativa. L’Italia, attraverso la musica, non offre solo spettacoli: propone esperienze di vita, viaggi emozionali e autentici riti collettivi, capaci di intrecciare passato e presente, tradizione e contemporaneità, cultura ed economia.
Ai nostri giorni
Oggi, la musica continua a essere protagonista, ma con forme nuove. È il tempo del cosiddetto “Gig Tourism”: il viaggio non è più solo verso una città, ma verso un concerto. I dati parlano chiaro: i tour di Taylor Swift e Coldplay hanno generato flussi turistici che hanno riempito alberghi, ristoranti e trasporti con mesi di anticipo. A Barcellona, il concerto dei Coldplay ha prodotto un impatto stimato di oltre 50 milioni di euro; in Italia, l’arrivo di artisti internazionali come Beyoncé o Bruce Springsteen ha avuto effetti comparabili. Questo fenomeno non riguarda solo la musica pop: anche festival di nicchia, come Umbria Jazz o il Ravenna Festival, intercettano pubblici internazionali e contribuiscono a diversificare l’offerta turistica.

Conclusioni
La musica, quindi, non si limita a riempire sale e stadi. È un driver che trasforma la percezione di un luogo, ne rafforza il posizionamento e genera economie diffuse. Dai pernottamenti alle attività culturali collaterali, dalla ristorazione allo shopping, il turismo musicale è un settore trasversale che interessa tutti gli attori della filiera turistica.
Il dato è chiaro: la musica è uno strumento di posizionamento turistico potente, universale e identitario. Ha la capacità di generare un immaginario, attrarre pubblici eterogenei e costruire reputazione globale. Un festival può diventare piattaforma di branding, un artista può farsi ambasciatore di un territorio, una canzone può diventare bussola emozionale che orienta i flussi di viaggio. La musica è il vero passaporto delle emozioni: fa viaggiare prima l’immaginazione e poi i piedi, trasformando note e melodie in rotte turistiche. Per le destinazioni, la sfida è chiara: saperla leggere, valorizzare e integrare nelle strategie di marketing territoriale significa aprirsi a un potenziale senza confini.