L’identikit delle agenzie digitali nel 2020
Qualche giorno fa UNA – Azienda delle Comunicazioni Unite – con il suo programma UNA+ ha organizzato un interessante webinar per presentare i risultati della ricerca, svolta da Prometeia – una società di consulenza e ricerca -, sullo stato dell’industria digitale in Italia, con un focus particolare sulle PMI digital.
Il webinar si inserisce nella serie di incontri voluti da UNA nell’ambito del programma UNA+, il progetto per mettere in contatto diretto agenzie e PMI del territorio, per sfruttare tutti i vantaggi del digitale, trovando nuove opportunità di business e di crescita coordinata.
Rossella Serra, Analyst di Google, ha presentato il programma “Italia in digitale”, patrocinato da Google, con lo scopo di colmare il gap nelle competenze digitali delle imprese. Ha preso poi la parola Leonardo Catani di Prometeia, che ha prima delineato in che modo sono state segmentate le agenzie digitali – quelle imprese che svolgono un servizio nell’area web con lo scopo di soddisfare le richieste dei propri clienti nello sviluppo di attività di comunicazione e marketing – per poi tracciare “l’identikit” della digital agency in questo tormentato 2020.
Partendo dai dati più generali dell’analisi si stima che in Italia ci siano 28.000 aziende legate al mondo della tecnologia, che producono un fatturato annuo di 21 miliardi e impiegano oltre 156.000 addetti.
Il primo dato da tenere in considerazione per la costruzione del nostro identikit è che le aziende digitali ricalcano in maniera fedele lo schema delle PMI, con le caratteristiche comuni di pochi dipendenti ma di imprese fortemente integrate tra loro: il 12% delle società ha infatti meno di 10 addetti, il 43% tra 10 e 50, il 27% tra 50 e 250 e solo il 18% ha più di 250 addetti.
Come affrontare le sfide più impegnative del mercato con mediamente così pochi dipendenti? Costituendo reti temporanee d’impresa con un (potenziali) competitor: il 50% degli intervistati ha utilizzato questa strategia e quasi tre aziende su quattro sarebbero disposte a collaborare in caso di necessità.
Le aree di offerta digitali maggiormente presidiate da queste imprese sono ovviamente quella legata al web (83% delle agenzie offrono servizi legati ad esso), seguito da marketing, comunicazione (64%) e i social media (56%).
La ricerca ha evidenziato che è presente un forte gap tecnologico tra il nord-Italia, più precisamente in Lombardia, dove è presente il 27% delle imprese, che producono il 50% del fatturato italiano, ma che negli ultimi anni si stanno imponendo come importanti poli tecnologici anche il Lazio e la Campania, pur con numeri decisamente inferiori al nord Italia.
Catani ha poi sottolineato che l’età media è molto bassa e la qualificazione molto forte degli occupati nel settore: il 30% dei dipendenti ha meno di 35 anni (contro il 20% nel resto dei settori economici), mentre il 36% degli addetti è laureato (la media italiana è del 18%).
La differenza di genere purtroppo invece è ben presente anche in questo settore: è vero che le donne occupate nel settore sono più del 42% (media italiana del 35%), ma solo una su dieci occupa posizioni dirigenziali in azienda.
Il settore fino a inizio 2020 era in costante ascesa e il fatturato dal 2010 è cresciuto in media di cinque punti percentuali l’anno. La prima ondata di pandemia è stata assorbita bene: si calcolava che la media di perdita di fatturato per le agenzie digitali si attestasse al 4% con un’ipotesi di bounceback per il 2021, con ricavi in aumento del 7%.
La seconda ondata pandemica modificherà necessariamente queste prospettive, senza però mettere eccessivamente in crisi un settore che tra i primi si è potuto (e saputo) adattare alla modalità di lavoro agile che si è resa necessaria per la situazione attuale.
In conclusione, la ricerca di Prometeia ha quindi sottolineato più luci che ombre nella situazione delle agenzie digitali in Italia, ponendo però l’accento sulla necessità di sviluppare il potenziale disponibile, per fornire un vantaggio competitivo importante ai clienti delle imprese sul web.
Questo vantaggio non può prescindere dalla necessità di crescita – a livello digitale – delle PMI italiane, per colmare il gap tecnologico ben rappresentato durante i risultati della ricerca. Altri ingredienti necessari per continuare il virtuoso percorso messo in campo negli ultimi anni devono avvenire a livello di governance, per garantire a tutti la possibilità di poter usufruire di competenze tecniche, senza dimenticare la necessità di fiducia anche per le donne in “plancia di comando”.