Marco Pallavicini, presidente del Festival della Scienza

Marco Pallavicini

Intervista

Oggi parte la 18° edizione del Festival della Scienza di Genova. Rappresenta uno dei più grandi eventi di diffusione della cultura scientifica a livello internazionale. “11 giorni in cui le barriere fra scienze matematiche, naturali e umane, verranno abbattute e la ricerca si potrà toccare, vedere, capire senza confini” come si legge sul sito ufficiale www.festivalscienza.it

Una (bella) storia iniziata nel 2003 e da allora proseguita – sempre con un tema diverso – con numeri in crescita soprattutto negli ultimi anni. “Fino a quest’anno il Festival è cresciuto con costanza: è diventato un grande evento internazionale, ma sempre fedele a se stesso – racconta Marco Pallavicini Presidente del Festival della Scienza -. Ovviamente quest’anno l’irruzione del Covid ci ha costretti a reinventare molte cose e soprattutto a potenziare la modalità on line per raggiungere il pubblico, soprattutto quello delle scuole, che è il nostro zoccolo duro a cui abbiamo proposto molti progetti on line”. 

Vediamo i numeri del Festival: 3.287.000 visite, 5.687 gli eventi organizzati, 5.666 i relatori che hanno tenuto lectio e convegni con 24 Premi Nobel e 8.678 animatori coinvolti.

“Gli animatori – la front line tra pubblico e scienziati- sono il cuore del Festival, un aspetto a cui teniamo moltissimo: riceviamo ogni anno più di 1000 domande da tutti i corsi di laurea, poi li selezioniamo e li formiamo. Si tratta a tutti gli effetti di una bella e importante attività formativa per i ragazzi che poi magari vanno a lavorare nell’ambito del giornalismo scientifico, della divulgazione o della comunicazione”. L’edizione 2019 ha visto 240mila presenze e quasi 40mila biglietti venduti. Il format prevede 300 eventi, quest’anno saranno un po’ di meno, 100 conferenze e 200 tra laboratori, mostre e spettacoli. Di solito ci sono 500 animatori, quest’anno saranno solo 220, visto il potenziamento delle attività on line ma “sarà comunque un’edizione con un’offerta eccellente e contiamo di fare ottimi numeri con lo streaming: con una cifra molto ridotta è possibile accedere a tutta la gamma degli eventi in calendario. Abbiamo progettato il Festival migliore possibile in sicurezza, l’ipotesi di non farlo non è mai stata presa in considerazione”. 

Il Festival è legato alla città di Genova e alla Liguria. Cosa è diventato il Festival per Genova e che cos’è Genova per il Festival?

Il Festival per Genova è una vera e propria invasione di tutti gli spazi della città. Durante le giornate del Festival uno dei segni distintivi è vedere migliaia di bambini delle scuole che scorrazzano da un posto all’altro. Genova per il Festival è un sostegno fondamentale dal punto di vista economico e organizzativo. Forse non tutti conoscono una tradizione ormai radicata negli anni, che è quella delle “cene” offerte da un network di famiglie genovesi ai relatori ospiti del Festival, ripercorrendo l’antica tradizione dei Rolli quando ambasciatori e notabili stranieri venivano ospitati, per l’appunto, dalle antiche famiglie genovesi (un decreto del Senato del 1576 promulgava un elenco ufficiale dei palazzi – i Rolli – riconoscendone il pregio e obbligava i proprietari di queste dimore ad ospitare, a turno, visite di stato. Più elevato era il grado di nobiltà dell’ospite, più fastoso doveva essere il palazzo e più ricca la famiglia che aveva l’onore e l’onere di accoglierlo ndr). È una città intera che abbraccia il Festival.

Il Festival della Scienza è una manifestazione che attrae molte persone da fuori regione, un importante strumento di incoming per un urban destination come Genova.

“Certamente è così. Non abbiamo numeri precisi ma circa il 30% dei visitatori viene da fuori Genova. Gli incontri con grandi ospiti nazionali e internazionali impreziosiscono ogni anno le giornate dedicate alla scienza, dando vita a collaborazioni durature con personalità e istituzioni di tutto il mondo. Il pubblico che viene al Festival impatta sulla città, la riempie, solitamente gli alberghi della zona nelle edizioni precedenti erano pieni. Un pubblico che viene a Genova per l’evento ma poi scopre Genova. Il nostro intento è quello di agganciarci sempre più alle iniziative della città, per esempio nei prossimi anni lavoreremo in sinergia con il Gran Finale di The Ocean race” (la prima volta che il giro del mondo, la più dura regata in equipaggio del pianeta, visiterà l’Italia e nello specifico terminerà a Genova ndr).

Cosa significa fare divulgazione scientifica oggi? 

La divulgazione scientifica, come la intendiamo noi, deve essere fatta dagli scienziati. Caratteristica del Festival è proprio mettere a contatto chi fa ricerca con il pubblico, con la mediazione degli animatori. Un modello che funziona. Quanto sia efficace questa divulgazione non lo so, ma sono certo che bisogna farlo, fare tutto il possibile per dare al pubblico interessato la migliore informazione. Abbiamo un pubblico: dai 3 ai 110 anni, diciamo. Iniziative diversificate per età e per pubblico più o meno formato. In più siamo certamente attenti all’elemento pop, vogliamo che gli eventi siano anche piacevoli e divertenti.

Perché ascoltare la scienza? Oggi più che mai attuale questo argomento: per Covid, per il cambiamento climatico, perchè? 

Prima di tutto perché ascoltare gli ignoranti è peggio; e non è solo una battuta. Non è sempre scienza quella che viene divulgata sui mass media, solo perché qualcuno si mette il cappello da scienziato. Il comportamento dei singoli scienziati ha gli stessi difetti del comportamento dei singoli esseri umani. Bisogna distinguere le posizioni scientifiche da quelle che sono le posizioni dei singoli. Ma fa parte del gioco l’umanità è l’umanità. In ogni caso è opportuno ascoltare la scienza perché le alternative sono tutte peggiori. Pensiamo al Covid: un problema complesso che non pone alternative, perché la risposta arriverà per forza dalla ricerca scientifica. Non ci sono alternative. Il Covid ha imposto alle persone una realtà esterna a noi che se ne frega delle nostre chiacchiere, l’unico modo serio per avere a che fare con questo pezzo di mondo è quello scientifico. Ci vorrà tempo e pazienza.

Cosa insegna la scienza alla vita? Pensiamo al metodo scientifico alla teoria della falsificazione di Popper… 

Non tutta la vita è scienza. E meno male! La Vita è più ricca e complessa di quanto la scienza possa analizzare. Però il metodo scientifico e la scienza sono uno strumento molto importante per analizzare la Vita; il più importante per analizzare quegli aspetti della realtà che sono scientifici.

Per Popper si può dire che una teoria sia scientifica fino a che essa non viene smentita dall’esperienza, da un esperimento che dimostra che è falsa e quando questo avviene il dato è incontrovertibile: questa è una certezza. Ma all’uomo piacerebbe il contrario: una delle frasi che si sente dire più spesso rivolta al mondo della scienza è “bisogna che ci diano delle certezze”. Peccato, no, le certezze non esistono. Ci sono teorie scientifiche verificate sperimentalmente in modo così accurato da poterle considerare molto probabilmente certe, ma in realtà è un abuso di linguaggio. Il Covid ci ha messo di fronte al fatto che non siamo onnipotenti, decide il mondo cosa vuol fare. Potrebbe accadere ancora e in modo diverso, ed è errato pensare che tutto possa essere tenuto sotto controllo. Come è sbagliato pensare che domani ci sarà il vaccino, lo speriamo, ma ci vorrà pazienza.

In un mondo di reti e di grande disponibilità di dati come si colloca la scienza e la divulgazione scientifica? La domanda da porci è: poi come li usiamo questi dati? Pensiamo alle statistiche sul Covid – giusto per rimanere sull’attualità – e a quanto possano essere utilizzate in modo strumentale se estrapolate e non contestualizzate con criterio scientifico, magari dati ai giornali o messi sui social con uno screenshot. 

Scienza come ricerca pura e scienza come ricerca applicata: un parere sul rapporto tra Università e impresa. L’Italia è indietro? L’Italia è indietro, certo, ma non per la fuga di cervelli che è un falso problema. È giusto che i cervelli si muovano per il mondo e che i ragazzi vadano a fare esperienze all’estero. Il problema per l’Italia è che abbiamo dei meccasismi di rientro bacati, chiusi. Ci sono pochi stranieri che vengono a lavorare in Italia, perchè siamo poco attrattivi nei confronti di ricercatori e talenti che vengono dall’estero. I ricercatori vengono pagati troppo poco. L’industria italiana a differenza delle industrie francesi, americane e tedesche, non investe in ricerca. All’estero funziona tutto molto meglio: sostenendo le Università queste si occupano e sono interessate a sviluppare applicazioni tecnologiche di interesse diretto dell’industria, e fanno evolvere l’industria. Le Università hanno troppe poche risorse: è necessario investire in innovazione tecnologica e farlo bene, sia da parte del pubblico, ma soprattutto da parte dell’industria. Credo che il sistema universitario abbia dei limiti, ma avremmo bisogno di un’industria più dinamica e interessata a competere nel mercato internazionale grazie all’innovazione data dalla ricerca.

Il recovery fund può essere uno strumento per consolidare la ricerca in Italia portando il sistema Paese ai primi posti per ricerca e innovazione, anche in termini di investimenti pubblici e di partecipazione delle aziende private? 

Spero proprio di sì, spero che il Covid aiuti in un certo senso l’Italia in modo che aumenti i suoi investimenti in ricerca. Abbiamo l’occasione per cambiare radicalmente sia la ricerca di base che la ricerca applicata. L’Italia investe la metà degli altri Paesi: è necessario aumentare i salari dei  ricercatori, investire nelle strutture, mettere a posto gli istituti. E tutto questo può portare moltissima occupazione, tecnologia, strumentazione per l’industria italiana. Cioè innovazione e sviluppo per il nostro Paese.

Chiudiamo tornando a bomba sul Festival: non si può proprio perdersi il festival della scienza numero 18? 

Le mostre. Le mostre sul cielo, dell’istituto nazionale di astrofisica, le mostre del CNR, gli spettacoli. Quelle poche cose bellissime che è possibile fruire in presenza. Ci sono poi tutte le conferenze in streaming – ci sono tre Premi Nobel, scienziati di alto livello – c’è Onda Covid un intero pacchetto di otto conferenze dove il tema Covid viene trattato in modo molto serio. Io comunque spero che anche le cose da vivere in presenza possano essere godute da moltissime persone. Sarebbe un vero peccato perderle. C’è tempo fino a domenica 1 novembre.

A questo link è possibile partecipare agli eventi on line e acquistare abbonamenti vantaggiosi www.festivalscienza.online

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