Covid 19, SARS-CoV, Coronavirus, varianti dello stesso termine, ma fondamentalmente uno Tzunami che ci ha inaspettatamente travolti.
L’Italia si è fermata, il tempo è rimasto sospeso ma l’ingegno e la creatività hanno continuato a galoppare velocemente.
Il design e la comunicazione si sono riappropriati della loro identità divenendo il veicolo per soddisfare i più svariati bisogni sociali.
Le “campagne emotive” sono diventate l’espressione di quel senso di appartenenza al territorio, allo spazio, al mondo inteso come luogo da vivere nel pieno rispetto degli equilibri naturali. Oltre al prodotto si sente il bisogno di promuovere valori e persone.
L’attenzione al dipendente, la necessità di implementare la comunicazione interna creano rimandi naturali alla figura di Adriano Olivetti e l’italianità è espressa come necessità per vincere e ricominciare.
Il lockdown forzato è stato scandito dall’incedere lento delle giornate, dalla riappropriazione degli spazi domestici e dalla rinnovato sapore dei rapporti familiari.
La casa, nell’era pre-Covid, era lo spazio privato, il rifugio del fine giornata ma improvvisamente è diventata il luogo del tutto: lavoro, scuola, hobby, sport. Lo smart working, le call hanno abbattuto le mura, le distanze, la privacy.
Gli schermi dei device, sono diventati metaforicamente finestre aperte sul mondo: siamo entrati nelle case delle persone, abbiamo percepito qualcosa di loro, di più intimo, da una libreria a un quadro, un soprammobile, una parete bianca…
È stato necessario adattare gli spazi domestici al lavoro, trovare l’angolo per concentrarsi ed isolarsi, individuare la location per le call, scegliere come presentarsi al mondo.
Lo spazio abitativo non è più solo conviviale ma diventa collettivo. La cucina ritorna ad essere il fulcro della casa, il luogo delle relazioni sociali.
Sono questi i punti di partenza per riprogettare gli spazi domestici del futuro.
Nella nostra quotidianità, oggetti fino ad ora delegati alla sanità, sono diventati monili, accessori per comunicare nel mondo: le mascherine.
Gli e-commerce hanno avuto una forte impennata e un ruolo trainante per l’economia del paese. L’acquisto online ha raggiunto anche gli scettici e i nonpiùgiovani.
Il desiderio di rendere gli spazi domestici belli, su misura e confortevoli ha invogliato all’acquisto di prodotti di design. Ma la necessità di personalizzare gli spazi potrebbe allora segnare il superamento del design democratico e low cost che ha invaso le nostre case negli ultimi anni, omologandole?
E il post Covid? Si parla di una nuova fase rinascimentale: l’impossibilità di operare fisicamente ha messo in moto sorprendenti opportunità.
Musei, fiere, eventi, flash mob sono entrati con tutta la loro bellezza nelle nostre case tramite la realtà virtuale, video conference, webinar e storytelling.
Il digitale non ha un luogo fisico, non ha una fine.
E come sempre accade l’arte diventa lo specchio di ogni momento storico, una dimensione nella quale trovare rifugio, evadere, liberare i pensieri dal peso delle preoccupazioni.
Il clima surreale che abbiamo respirato durante la lunga quarantena ci ha concesso un grande privilegio, quello di osservare la realtà al di là degli eventi cercando di cogliere in essa un messaggio di speranza, di ripresa, di rinascita.
Tutti ci siamo sentiti parte di un enorme esperimento sociale che ha visto protagonisti 2 attori: la natura che si è appropriata dei suoi spazi e l’uomo del suo tempo.
Il lavoro può essere gestito in remoto, gli spostamenti possono essere ottimizzati, possiamo così contribuire riducendo l’emissione di CO2 nell’atmosfera.
Roy T. Bennett affermava: “il cambiamento non porta sempre crescita, ma non c’è crescita senza cambiamento”.
Mi piace pensare che le difficoltà, le privazioni, la sofferenza abbiano segnato una rivoluzione della mente, ne abbiano rafforzato le potenzialità e abbiano gettato le basi per nuovi modelli imprenditoriali incentrati sulla comunicazione come strumento per fronteggiare la crisi.