La sfida della qualità si vince (anche) con… la scoperta del territorio

Per la nuova tappa del viaggio di INova ci spostiamo in Piemonte, nell’incanto naturale del Parco Nazionale Gran Paradiso. E la Valle Soana è davvero un angolo di paradiso: incastonata tra le montagne, il silenzio interrotto dallo scrosciare dei torrenti, le piccole borgate ricche di storia e tradizione arroccate sui fianchi ripidi dei monti. Un luogo intatto e prezioso, lontano dalle frenesie urbane e ancora governato dal ritmo delle stagioni, che sembra sospeso fuori dal tempo e che mantiene una forte identità, sia culturale, sia linguistica (francoprovenzale).

Questa Valle Fantastica affronta però la crisi demografica che colpisce, da nord a sud, le aree interne italiane. Nell’ultimo secolo ha assistito a un’emigrazione massiccia, soprattutto verso la Francia, e conta oggi poco più di 400 residenti, nei suoi tre Comuni, Ronco Canavese, Valprato e Ingria. Numeri che fanno paura, e che portano a temere per il suo futuro. I tre giovani sindaci della Valle hanno raccolto la sfida, unendo gli sforzi in un percorso lento e solido di valorizzazione, non solo turistica, del territorio. Nell’ambito di questo percorso è nata anche la collaborazione con Studiowiki, che ha realizzato il nuovo marchio di Valle e sta lavorando allo sviluppo del portale turistico.

L’obiettivo è catturare l’interesse di visitatori attenti e rispettosi dell’ambiente naturale. Che, anche grazie alle possibilità offerte dal lavoro in remoto, possano persino decidere che in Valle Soana vogliono restare.

sindaci Valle Soana

Ne abbiamo parlato con Lorenzo Giacomino, sindaco di Ronco Canavese. Nella foto, con lui, il sindaco di Ingria Igor De Santis e il sindaco di Valprato Soana Francesco Bozzato, in posa davanti al Moulin Rouge di Parigi: non per una gita di svago oltralpe ma perché la struttura, gestita storicamente da una famiglia di emigranti della Valle Soana, è emblematica del legame forte che ancora esiste tra la Valle e i suoi expat.

Cos’è oggi la Valle Soana, e in che direzione va il vostro lavoro come sindaci?

È un luogo in cerca del suo futuro. Un futuro che non è affatto scontato, come purtroppo confermano i numeri. Al punto che, nei miei quarti d’ora più pessimisti, arrivo a convincermi che non ci sarà proprio, un futuro. Nei quarti d’ora successivi, però, penso che ci siano invece tutti i presupposti perché questo futuro ci possa essere, grazie a chi decidere di vivere in Valle o mantenere col territorio un legame stretto.

La Valle è per noi come una persona cara. A volte litighiamo, a volte ci allontaniamo, imputandole tutti i nostri mali. Ma è anche la persona da cui finiamo per tornare: penso per esempio ai nostri emigrati e ai loro discendenti, che macinano chilometri per trascorrere qui anche solo un paio di giorni. Noi tre sindaci, oggi, cerchiamo di prenderci cura di questa persona: lo facciamo con la consapevolezza che non siamo qui per caso e nemmeno per obbligo. E che quindi il nostro ruolo ha un senso solo se svolto in modo incisivo, non se ci limitiamo a firmare le carte d’identità.

Anche perché, per la Valle, ci troviamo davvero a un bivio: mi riferisco, naturalmente, alla questione demografica. Ci mettiamo il massimo impegno, sacrificando altre cose, e continueremo a farlo finché i cittadini ce ne daranno la possibilità.

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Ingria, foto di Davide Busetto

La Valle, come anticipavi, mantiene profondi legami sia con il territorio circostante che con realtà geograficamente più lontane, come la Francia…

È vero. C’è un legame forte, per esempio, con Cogne, che fu fondata da abitanti di Campiglia Soana stabilitisi lì. Le due comunità sono tuttora molto unite, soprattutto per le tradizioni legate alla devozione per San Besso, luogo di culto ancestrale a oltre 2000 metri di quota e oggi meta di pellegrinaggio cristiano delle due comunità: della Valle Soana e di Cogne, che per giungervi compie una traversata di otto ore.

L’emigrazione (in particolare verso la Francia) è l’elemento che ha plasmato ciò che è la Valle Soana oggi, comportando un calo demografico enorme – da migliaia di abitanti a poche centinaia. Dall’altra parte, la stessa emigrazione ha prodotto un fenomeno più unico che raro: la tradizione del ritorno stagionale dei nostri migranti non si è mai fermata, si è anzi rinnovata con le generazioni successive. Oggi a tornare in Valle appena hanno una settimana di ferie sono i nipoti di quelli che partirono: ho tanti amici che abitano a Parigi o in altre città e che non vedono l’ora di trascorrere un po’ di tempo qui da noi.

Aggiungo anche che molte delle tradizioni materiali e immateriali del territorio si sono mantenute nel tempo non solo grazie ai pochi che sono rimasti, ma anche grazie a chi è emigrato. Il periodico ritorno è emblematico di un’identità culturale che vive anche nella distanza, e che tuttora contribuisce a plasmare la Valle.

A questo proposito: quando sono arrivato per la prima volta in Valle, ho avuto subito la forte sensazione di essermi imbattuto in un soggetto cinematografico: c’è il grande tema del “ritorno alla Terra Promessa”. O un’eco di Pavese: “un paese ci vuole, non fosse che per il gusto di andarsene via”, tra identità mancate e ritrovate.

Valle Soana Valprato-Soana-capoluogo-(2)
Valprato Soana, foto di Davide Busetto

In questo scenario penso che abbiate individuato nella possibilità di attrarre finanziamenti uno strumento per realizzare dei progetti. Sono iniziate così le iniziative di marketing e comunicazione. Vuoi raccontarci qualcosa di questo percorso?

Sì, tutto è iniziato a fine 2021 con il Bando Borghi, in pieno PNRR. L’intenzione era riuscire a finanziare parte della progettazione attraverso il Bando Borghi. Parlare di marketing turistico è necessario, il turismo è necessario. D’altronde, viviamo in un mondo che confonde il fare turismo con la festa della pro loco, confondendo i piani e gli attori coinvolti – che ovviamente non sono soltanto i Comuni.

Abbiamo voluto realizzare un percorso più strutturato: prima di dire agli altri chi siamo e perché devono innamorarsi del nostro territorio, abbiamo voluto capirlo noi, e farlo capire alla comunità. Nasce da questa esigenza l’iniziativa del percorso di partecipazione (realizzato con Ideazione Srl, NDR), che secondo me, nel nostro caso, è stato realmente sentito e utile – non un orpello da inserire “perché era scritto nel bando.”

Posso testimoniare in prima persona che mi ha permesso di scoprire o approfondire i punti di vista di amici o compaesani. Da quello, siamo approdati a un Piano Strategico, che in realtà ci ha detto cose che sapevamo già. Ma ha sistematizzato e messo nero su bianco ciò che davvero era emerso durante il percorso con la popolazione, indicandoci una via da seguire e fornendoci gli strumenti necessari a lavorare sulla nostra essenza, dal marchio in giù.

Ronco Canavese, foto di Davide Busetto

È un percorso ancora lungo, ma ritengo sia l’unico modo serio e strutturato per parlare di turismo. L’unico modo per evitare di ricadere nel meccanismo del Comune che organizza la sua sagra e si autogestisce come viene. Abbiamo provato a fare qualcosa di diverso. Vedremo se darà i suoi frutti.

A prescindere dagli esiti, credo sia stato e sia tutt’ora un percorso importante. In termini assoluti, più che ragionando sugli obiettivi quantitativi. È giusto che il Piano Strategico non ti abbia “sorpreso”: la sua utilità è raccontare il reale, e dare una direzione…

Sono d’accordo. Ma nel nostro caso, sottolineo ancora come questo momento sia cruciale per la Valle Soana: vivere o morire. Parlano i numeri. Per questo ci stiamo impegnando al massimo, anche dando vita a nuove progettualità in cantiere, che guardano al futuro e che presto racconteremo.

Ragionando proprio sulla partecipazione: mi verrebbe da dire pochi ma buoni. È impossibile non notare, dando uno sguardo al calendario degli eventi, che gli abitanti della Valle sono molto coinvolti nelle iniziative: si impegnano in prima persona in progetti artistici e di valorizzazione del territorio…

Diciamo che poche persone fanno un grande sforzo in questo senso, impegnandosi su più fronti. Anche a noi, come sento dire ai colleghi di altri piccoli paesi, è capitato di organizzare iniziative che purtroppo hanno coinvolto pochissimo le persone del luogo: non siamo immuni a questo problema. Nelle aree interne, la cosa più brutta non è però tanto l’evento con la sala vuota, ma vedere la parcellizzazione delle iniziative: quando “ognuno fa per sé”, entrando quasi in competizione con il vicino.

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Ponte del Crest sul torrente Forzo, foto di Davide Busetto

Sta a noi sindaci tenere insieme le cose e dare un orizzonte univoco, pur nelle differenze esistenti. Da fuori può passare il messaggio che i valsoanini siano un’entità unica e compatta: questo è positivo, ma la realtà è diversa e la legge dei piccoli numeri ci porta problematiche. Che in verità a mio avviso si riscontrano anche nei grandi centri: quelli che a Torino chiameremmo “portatori di interesse”, qui sono magari singole unità famigliari.

Il quadro non è comunque così nero, ci sono ottimi esempi di cooperazione positiva nella Valle. Ti faccio un esempio: dal 2010 le associazioni locali creano un unico libretto per gli eventi di tutta la Valle. Si mettono d’accordo in anticipo per organizzare le iniziative in modo che eventi simili non si accavallino. Il Libretto di Valle è la testimonianza di come è giusto che le cose vengano fatte per gradi: siamo partiti da lì e senza l’esperienza del libretto non saremmo mai riusciti ad approdare a un nuovo marchio. Senza il marchio non saremmo arrivati ad affrontare il discorso più ampio del branding. E quello che, a cascata, ne è seguito.

Il percorso è in divenire: un tema sul tavolo è senz’altro quello della qualificazione degli eventi. Per quanto riguarda Ronco, per il momento è una questione che ho deciso di mettere da parte, per concentrare gli sforzi sull’individuazione della figura del destination manager. Però l’argomento resta sul piatto.

Ultima domanda: come Lorenzo, persona e sindaco, che futuro immagini per luoghi come la Valle Soana? Sono tante le aree interne, tutte diverse, che condividono una situazione simile alla vostra. C’è un futuro per questi territori?

A settembre è stato qui da noi Franco Arminio, paesologo e poeta: un incontro molto arricchente. Lui sostiene che non dobbiamo illuderci sulla possibilità di un’inversione di numeri incredibile. Ma la prospettiva è mantenere dei numeri fluttuanti, variabili durante l’anno, anche qui in Valle Soana: persone che vanno e vengono. Non sarebbe nemmeno auspicabile ritrovarsi, in un paese come Ronco, con 3200 persone: oggi, banalmente, non avremmo strutture abitative adeguate per accoglierle.

Pian dell’Azaria, foto di Davide Busetto

Continuo a risponderti con le parole di altri perché per me la domanda è troppo difficile: il climatologo Luca Mercalli è convinto che in futuro chi potrà salirà in quota, perché – malgrado qualcuno ancora lo neghi – il cambiamento climatico è realtà. Tanta gente tornerà sui monti, cercando tregua dalla calura estiva, per poi magari rientrare in città nei mesi invernali. Quindi, ancora, un andamento demografico fluttuante.

Un futuro che c’è e non c’è, quindi. Ma un futuro per chi? Non mi piace immaginare la Valle come rifugio di personaggi televisivi che si stabiliscono per qualche mese in quota a scrivere libri di stereotipi, raccontando per esempio che in Valsesia per tirare avanti la gente si deve buttare sull’alcol. Non è il futuro che immagino. Ma è chiaro che noi lavoriamo perché un futuro ci sia, ed è quello che piano piano stiamo cercando di mettere a fuoco e costruire.

La cosa certa è che a me queste montagne in un mondo come quello di oggi danno un forte senso di protezione. E sì, allora. Penso proprio che per una famiglia non ci sia luogo migliore al mondo.

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