In questo periodo di perdita di valori, confini e spazi diventa fondamentale l’idea di comunità.
Fare comunità è il miglior antidoto contro gli individualismi e quella sensazione di sentirsi soli a combattere con il mondo. Per questo, porre l’accento su progetti di riqualificazione e rigenerazione urbana bottom-up – partita dal basso – è importante, per fornire una testimonianza positiva verso coloro che pensano che una società sia solo un insieme di persone unite dallo stesso intento. Una comunità è molto di più. Nel racconto di alcuni progetti di cui sono stato testimone è importante soffermarsi sulla funzione culturale della collettività grazie all’attività portata avanti dall’associazione CRAFT, di cui faccio parte. L’associazione è nata nel 2014, dalla collaborazione di un gruppo di professionisti che si occupano di progetti in vari ambiti dell’arte e della cultura a livello nazionale.
Il primo progetto al quale ha partecipato attivamente l’associazione CRAFT è la riqualificazione e la gestione dello Spazio Kor, un’area di cui faceva parte la chiesa sconsacrata di San Giuseppe d’Asti, una struttura di architettura barocca restaurata dal Comune di Asti e convertita dall’Associazione in un teatro “particolare”: lo Spazio Kor è infatti un laboratorio di idee, dove un pubblico giovane e appassionato può scoprire il funzionamento del teatro e i suoi “trucchi”.Il progetto è nato da un’idea di rigenerazione culturale, per dare nuova vita a questo luogo, offrendo un calendario adeguato di spettacoli per i cittadini astigiani e non solo. Negli anni, però, ci si è resi conto della centralità del legame tra il luogo e la popolazione, che dialogano attraverso il teatro stesso, più di quello tra il luogo e l’offerta culturale.
La creazione di questa rete può essere vista come l’elemento di sostenibilità che si muove tra il sociale, il culturale e l’economico, in una logica non dialogica ma complementare, che permette di riabilitare uno spazio creandone un luogo d’incontro.
Sulla base di questo progetto sono state avviate una serie di iniziative simili, come il Diavolo Rosso, piano di riqualificazione della chiesa seicentesca sconsacrata di San Michele. La riqualificazione è stata pensata insieme a un gruppo di giovani di Asti, per offrire alla comunità un locale in cui i ragazzi potessero esprimere la propria arte, sia nella declinazione espressiva che in quella musicale.
Un altro esempio di collaborazione attiva, che illustra l’attivismo della popolazione locale e la partecipazione della cittadinanza a questo tipo di iniziative, è l’attività di Barbera Agliano l’associazione che ha creato il Barbera Fish Festival, evento pensato per celebrare l’amore di un gruppo di norvegesi per il territorio di Agliano Terme. Un festival culinario, arrivato alla sua quinta edizione, che vede protagonisti il prelibato merluzzo delle Lofoten norvegesi e il celebre Barbera d’Asti; da questa innovativa esperienza è nata l’idea di avviare un percorso di rigenerazione della Chiesa di San Michele ad Agliano in collaborazione con l’amministrazione comunale.
È importante porre l’accento sulla necessità della riqualificazione fisica, oltre che culturale, di un luogo: indubbiamente non esiste la comunità senza rigenerazione e nemmeno la rigenerazione senza comunità, è però essenziale che l’intervento sia effettuato anche dal punto di vista urbanistico.
Non si tratta solo di “aggiustare” le relazioni, ma anche il contesto territoriale e spaziale.
I due processi vanno avanti insieme: una “semplice” rigenerazione urbana, senza che sia connessa all’idea di rigenerazione della collettività, durerebbe poco nel tempo, mentre una rigenerazione della collettività senza una rigenerazione degli spazi porterebbe indubbiamente a progetti non sostenibili, che avrebbero poca vita, sia dal punto di vista economico che culturale.
La prospettiva interessante da analizzare, in questo caso, è la capacità, quando la riqualificazione avviene tout-court, di riabilitare spazi con una nuova relazione tra la componente fisica, architettonica e le necessità di chi quei luoghi li vive. In particolar modo, gli spazi che abbiamo raccontato sono quasi tutti edifici di carattere religioso, luoghi che un tempo assolvevano il ruolo di incontro, di creazione della comunità, che hanno visto completamente cambiata la loro funzione, rimanendo comunque spazi di relazione umana.
In questa relazione bi-univoca forte è celato il “segreto” della riuscita di questi progetti, anche a livello turistico: comunità così coese e attive, esercitano una spinta virtuosa verso coloro che ne sentono parlare, che vorranno, anche per un breve periodo, sentirsi parte di quel gruppo ed essere “cittadini temporanei” dello spazio rigenerato.